Resta al centro-sinistra l'Emilia Romagna. La sfida tra il presidente uscente Vasco Errani (Pd), candidato per il terzo mandato, e la rappresentante del Pdl, Anna Maria Bernini, si è risolta come era ampiamente previsto, nella ex regione più rossa d'Italia, con la vittoria del primo. Lo scenario del dopo voto, tuttavia, è molto diverso da quello che si presentò cinque anni fa e costringerà il Pd a una profonda riflessione con l'obiettivo di arrestare l'evidente perdita di consensi.
Nel 2005 Errani fu, con il sostegno dell'Ulivo, il candidato presidente più votato d'Italia con oltre il 62% dei voti. Un record che non si è ripetuto. Oggi il candidato del centro sinistra, con l'appoggio di una coalizione comprendente anche Pd e Idv, si deve accontentare del 52%, con un pesante calo di dieci punti. Soddisfacente invece il risultato di Anna Maria Bernini (sostenuta da Pdl e Lega) che raccoglie personalmente circa il 36,7% (qualcosa in meno della coalizione) contro il 36% ottenuto cinque anni fa dal candidato dell'allora Cdl, il guazzalochiano Carlo Monaco, che godeva però anche dell'appoggio dell'Udc. Il partito di Casini in questa occasione si è presentato da solo ottenendo, con il candidato presidente Gian Luca Galletti, oltre il 4% dei voti. «Un risultato in linea con le aspettative», ha commentato Galletti.
La vera sorpresa in Emilia Romagna è stata quella del ventottenne grillino Giovanni Favia che, con la lista civica 5 stelle, alla sua prima uscita e con pochissimi mezzi, ha ottenuto un clamoroso 7%, cioè più dell'Udc. Gli elettori delusi del centro sinistra hanno, evidentemente e in gran parte, dato voce alla propria volontà di protesta scegliendo il movimento di contestazione animato dal noto comico Beppe Grillo. «Non abbiamo vinto contro qualcuno, commenta Favia. Quello che combattiamo è l'antipolitica».
Mentre Anna Maria Bernini parla di un «tracollo della roccaforte rossa», il Pd deve fare i conti, come detto, con la delusione di una parte del proprio elettorato tradizionale. Il fenomeno è stato certamente favorito dallo scandalo scoppiato nel capoluogo regionale, proprio alla vigilia delle elezioni, con il Cinzia-gate. Le indagini in corso da parte della magistratura, per truffa e peculato, hanno costretto alle dimissioni il sindaco di Bologna, Flavio Delbono (Pd), che sino a un anno e mezzo fa era vice presidente della Regione Emilia Romagna e assessore al Bilancio proprio nella Giunta Errani.
A far perdere consensi al presidente uscente probabilmente è stata anche la rivolta di una parte del mondo cattolico, già appartenente all'Ulivo, di fronte alle ultime scelte di Errani che nella finanziaria regionale ha equiparato la famiglia fondata sul matrimonio alle coppie di fatto provocando la dura reazione del cardinale di Bologna, Carlo Caffarra.
Anche in Emilia Romagna poi, terra abituata a livelli di partecipazione record - i più alti d'Italia - l'affluenza alle urne ha subito un pesante colpo di freno (-8,6%) ed è passata dal 76,6 al 68 per cento.
Tra le sfide che Errani dovrà ora affrontare, oltre a un recupero di consensi e credibilità, vi è quella di uno sforzo straordinario per sostenere lo sviluppo, come chiesto recentemente dagli imprenditori, in una delle regioni più produttive del paese, che però ha sentito in modo pesante i colpi della crisi che hanno messo in ginocchio distretti vitali come quello della metalmeccanica.
Bene infine anche in Emilia Romagna la Lega che cresce a scapito del Pdl che ha preso qualcosa in meno rispetto a quello che presero insieme An e Fi nel 2005.
I risultati in Emilia Romagna