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«La Lega vince al Nord ma l'opposizione c'è»

di Franco Locatelli

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30 Marzo 2010
«La Lega vince al Nord ma l'opposizione c'è»

«Il successo della Lega nel Veneto e nel Piemonte, oltre al risultato della Polverini nel Lazio, è un fatto politico di grande rilievo anche se l'esito complessivo delle elezioni regionali esclude veri e propri colpi da ko di uno schieramento sull'altro. Il centro-sinistra non ha sicuramente vinto ma non è stato confinato nelle sue roccaforti tradizionali e resta competitivo sul piano nazionale, differentemente da quanto credevano fino a qualche tempo quegli analisti politici che profetizzavano la scomparsa dell'opposizione. Avanza invece il centro-destra che deve però fare i conti al suo interno con la crescita incalzante della Lega. Da un quadro del genere e senza trascurare l'incremento dell'astensionismo, sarebbe ragionevole attendersi per i tre anni che restano alla legislatura nazionale un raffreddamento del clima politico generale e un incoraggiamento al dialogo per le riforme, anche se le sciabolate che hanno finora accompagnato il confronto sulle riforme istituzionali rende queste ultime particolarmente difficili». L'ex premier Giuliano Amato era appena arrivato nella tarda serata di ieri a Londra per i suoi impegni di superadvisor di Deutsche Bank, ma senza mai perdere di vista l'andamento del voto regionale che sintetizza con la consueta chiarezza.

Presidente, si aspettava un risultato del genere e una crescita così vistosa dell'astensionismo?
Il giudizio finale fa riflettere sia per il dato politico che per il vistoso incremento dell'astensionismo alle regionali, che è il frutto non tanto della scarsa attenzione ai problemi della gente, che vale per i dibattiti televisivi più che per la campagna elettorale sul campo, ma della lontananza dell'ente regione dai cittadini rispetto ai comuni. Sul piano generale non si può semplicisticamente parlare di indifferenza dell'elettorato ma piuttosto di una risposta critica anche se discutibile a un'offerta politica insoddisfacente. Certo l'astensionismo non ha colpito una parte sola.

Veniamo al merito del voto: chi vince e chi perde?
La vittoria della Lega al Nord è il dato che colpisce di più. Ne fa le spese il centrosinistra che tuttavia incassa un risultato migliore di quello che si immaginava solo tre mesi fa: non è stato chiuso nel recinto dell'Appennino e resta competitivo sul piano nazionale e questo è un fatto positivo per l'intera democrazia. L'opposizione c'è. Quanto al centrodestra mi colpiscono due elementi. Il primo è che in questa campagna elettorale il premier, essendo molto preso dai suoi problemi, non è riuscito a dare credibilità a promesse significative per gli elettori e ha finito per parlare quasi solo di riforme generali. Ma l'altro elemento, il più importante sul piano politico, è il successo crescente della Lega che incalza direttamente il Pdl e accresce il suo potere negoziale dentro il centrodestra. Questo punto è destinato ad avere ripercussioni molto rilevanti sul piano politico generale perché anche chi, come Fini, mostra insofferenza per i prezzi che il centrodestra paga alla Lega, soprattutto sugli immigrati, non potrà non considerare che ridimensionare un partito molto radicato e in costante crescita è sempre più difficile. Penso che questo voto apra problemi seri anche per il centrodestra e finisca per avere effetti sull'intero sistema politico.

In che senso?
Al di là dell'intelligenza di Bossi che preferisce mettere l'accento sul federalismo fiscale piuttosto che sui temi laceranti della politica per gli immigrati, la possibilità che la politica del centrodestra sia sempre più condizionata dalla Lega è evidente. Ma questo può liberare voti sul centro che soprattutto l'Udc potrebbe riuscire ad intercettare.

Questo vuol dire che, al di là di queste elezioni, il Pd dovrebbe seguitare a costruire un rapporto più stretto con Casini?
Penso proprio di sì, anche se il Pd dovrà rendere più chiara la propria identità e anche se la diffidenza dell'Udc verso l'Italia dei valori resta molto alta malgrado l'intenzione di Di Pietro di lavorare per un'alternativa di governo. Serviranno tempo e buona volontà per costruire una piattaforma alternativa tra Pd, Udc e Idv che certamente non è per domani mattina.

Che effetti avrà il risultato del voto sul cammino della legislatura nazionale?
L'assenza dello show down dovrebbe favorire la ripresa del dialogo, anche se mi pare molto difficile che questo possa avvenire sul terreno delle riforme istituzionali, viste le sciabolate che il premier non risparmia non solo sulla giustizia ma soprattutto sul presidenzialismo. In un paese come il nostro l'idea dell'elezione diretta del presidente del Consiglio o del presidente della Repubblica non è né condivisibile né praticabile perché l'elezione diretta del Capo dello Stato lo renderebbe una figura di parte anziché una figura che rappresenti, come oggi, l'unità della nazione, mentre l'elezione diretta del Capo del governo finirebbe per schiacciare in un angolo il presidente della Repubblica. No, sono altri i sentieri delle riforme istituzionali.

  CONTINUA ...»

30 Marzo 2010
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