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«Prioritari i fondi a export e ricerca»

di Andrea Biondi

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24 marzo 2010

Nuovo slancio alla formazione, in risposta ai bisogni delle imprese; azioni per sostenere la nuova imprenditorialità nei settori del futuro; un impegno ancora più deciso sul fronte della ricerca, stringendo i tempi per l'entrata a pieno regime dei tecnopoli; sostegni all'internazionalizzazione più mirati sulle imprese trainanti. È attorno a queste direttrici che si giocherà il rilancio del territorio ed è su questi punti che Confindustria Emilia-Romagna lancia l'ultimo appello al prossimo esecutivo regionale che uscirà dalle urne del 28 e 29 marzo. Quella che va a concludersi, del resto, è «una campagna elettorale in cui di politica industriale a tratti si è anche parlato. Da ora in avanti però, anche in considerazione della situazione in cui ci troviamo e dei cambiamenti che ci aspettano, le imprese dovranno essere ancora di più al centro del dibattito», afferma Mario Riciputi, vicepresidente di Confindustria Emilia-Romagna, con delega per politiche industriali, ricerca e innovazione.

Contesto in cambiamento
Dalla necessità di un riposizionamento organizzativo e produttivo delle imprese parte Alberto Lunardini, vicepresidente degli Industriali emiliano-romagnoli con delega per i temi della formazione e del lavoro. «Sugli ammortizzatori sociali, la regione e il governo – afferma Lunardini – finora si sono mossi al meglio in un contesto in cui le imprese hanno fatto, e stanno facendo, di tutto per mantenere il proprio capitale umano. Ora – aggiunge il vicepresidente di Confindustria Emilia-Romagna – le stesse imprese non vanno lasciate da sole. Occorre continuare sulla strada intrapresa, ma anche ragionare sul tema della riorganizzazione, che è centrale per gli sviluppi futuri del nostro sistema». Per Lunardini dovrà esserci la consapevolezza che «non tutta la forza lavoro potrà ricollocarsi nella stessa impresa con le medesime mansioni». È qui che il discorso formazione si impone nella sua importanza: «Anche se finora i risultati sono stati buoni, serve una maggiore coscienza del ruolo formativo dell'impresa e anche una presa di coscienza da parte dei lavoratori, che devono essere più consapevoli che grazie alla formazione potranno ricollocarsi al meglio». Non solo: «Dalla green economy al turismo ci possono essere spazi per sviluppare nuova imprenditorialità e occasioni per le giovani generazioni. Occorre crederci e investire».

Prodotti più competitivi
Certo è che la crisi dell'ultimo anno e mezzo, con la forte caduta dell'export (-23,4%), ha fatto riflettere anche sull'appeal dei prodotti delle imprese emiliano-romagnole. «Dobbiamo certamente aumentare la nostra competitività – sottolinea dal canto suo Riciputi – incrementando il valore aggiunto delle produzioni». Da qui l'importanza dell'impegno che alla prossima giunta regionale viene chiesto su ricerca e innovazione. L'occasione da sfruttare è quella dei tecnopoli. «Bisogna stringere i tempi – afferma Riciputi – per mettere a punto i meccanismi di funzionamento di queste piattaforme che avranno un ruolo chiave per creare un contesto in cui il mondo della ricerca e le imprese potranno insieme creare le condizioni per alimentare processi produttivi efficaci ed efficienti». Ovviamente, «se l'economia è legata a fattori immateriali, rimangono centrali le problematiche della mobilità e del trasferimento delle merci. E, in questo, le potenzialità del nostro sistema vanno accompagnate con una dotazione al passo».

Internazionalizzazione
Nonostante la battuta d'arresto delle esportazioni, l'impegno sui mercati esteri rimane comunque prioritario nelle strategie delle imprese industriali emiliano-romagnole. «Il ruolo di accompagnamento della regione in questo sforzo sarà fondamentale», afferma Sergio Sassi, presidente della commissione internazionalizzazione di Confindustria Emilia-Romagna. Per Sassi il rapporto fino a oggi «è stato proficuo e collaborativo». Ora però «occorrerà cambiare passo». Fondamentale sarà «concentrare gli sforzi. Le risorse non sono infinite e dunque crediamo che occorrerà concentrarsi sulle imprese trainanti, che nell'estendere il proprio raggio d'azione all'estero portano benefici a cascata su tutta la filiera». Adottare questo nuovo approccio potrebbe voler significare il superamento del «modello dei consorzi export che, a ogni modo, crediamo abbia fatto il suo tempo». Selezioni, secondo Sassi, vanno infine fatte anche sulle direttrici. I Bric (Brasile, Russia, India, Cina) «restano prioritari. Anche sul Nord Africa però, che sembra essere rimasto più immune alla crisi – precisa Sassi – occorrerà fare attenzione».

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andrea.biondi@ilsole24ore.com

24 marzo 2010
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