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Dal voto uno sprint per fisco e giustizia

di Barbara Fiammeri

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30 marzo 2010


Silvio Berlusconi lo ha ripetuto ininterrottamente durante l'intera campagna elettorale: giustizia e presidenzialismo ma anche riforma fiscale. Sono queste per il premier le priorità che governo e parlamento dovranno affrontare all'indomani del voto, senza dimenticare l'abolizione della «par condicio» e il disegno di legge sulla limitazione e il divieto di pubblicazione del-le intercettazioni. Sul fisco bisogna ovviamente attendere Giulio Tremonti, ma quando Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, dice che si deve lavorare «tutti insieme per un sistema fiscale diverso » lancia un segnale anche all'opposizione. Presidenzialismo e giustizia sono le altre due partite che il Cavaliere vuo-le portare a casa a tutti i costi, anche se dovesse materializzarsi il referendum confermativo, vista la contrarietà dell'opposizione nonché la prudenza manifestata dai finiani.

La Lega – come ha rivendicato Bossi ieri –assumerà il ruolo di arbitro. Il leader del Carroccio ha già manifestato disponibilità sulla giustizia («deve essere fatta»). In parlamento c'è ancora da approvare il cosiddetto «processobreve » ma i punti centrali del nuovo sistema giudiziario per il Cavaliere restano la separazione delle carriere, la modifica del modo di elezione del Csm e i rapporti fra pm e polizia giudiziaria.
Berlusconi non ha detto invece quale sistema presidenziale sponsorizzerà, se l'elezione diretta del premier o del capo dello stato; se un sistema di tipo israeliano, francese o statunitense.
«Lo decideranno i cittadini », ha detto il Cavaliere che sembra ancora una volta intenzionato ad affidarsi al «popolo dei gazebo», piuttosto che al confronto parlamentare.

Al Senato il dibattito sulle riforme istituzionali è già stato avviato. Si parte dalla cosiddetta bozza Violante, messa a punto nella scorsa legislatura e su cui si è manifestata un'ampia convergenza tra centro-sinistra e centro-destra, pur se con accenti diversi. Entrambi gli schieramenti sostengono di essere favorevoli alla riduzione del numero dei parlamentari e al superamento dell'attuale bicameralismo, con l'istituzione del Senato regionale. Sui poteri del premier la discussione è invece aperta e non di facile soluzione. La Lega non sembra intenzionata a dar vita a un braccio di ferro con il Pd, anche se non chiude affatto all'ipotesi presidenzialista. Per il Carroccio l'obiettivo principale resta il federalismo, su cui farà valere tutto il successo ottenuto in questa tornata elettorale.

Bossi lo ha ribadito anche ieri: «Ora i decreti attuativi». Il Senatur scalpita. Si mostra comprensivo con Berlusconi, ma è chiaro che farà pesare qualunque passo falso che possa ritardare la realizzazione del federalismo. All'esame della commissione bicamerale presieduta da Enrico La Loggia (Pdl) finora è arrivato un solo decreto attuativo, quello sul trasferimento a regioni ed enti locali dei beni demaniali statali, che dovrà essere approvato entro maggio. Ma la vera partita è sul secondo decreto, quello sulla definizione dei costi standard, che di fatto quantificherà le risorse che potranno essere destinate alla perequazione in favore delle aree più deboli, ovvero delle regioni meridionali. La riforma prevede che entro maggio 2011 siano approvati tutti i decreti attuativi anche se per il passaggio concreto dall'attuale sistema a quello federalista bisognerà attendere il 2016. In realtà Bossi e i suoi colonnelli puntano ad anticipare i tempi in Lombardia e Veneto e non è escluso che, qualora venisse confermata la probabile vittoria in Piemonte, possano voler estendere la sperimentazione anche al nord-ovest. Tra i principali "alleati" del Senatur c'è ovviamente Giulio Tremonti e la sua riforma fiscale. Il ministro dell'Economia è stato netto: il nuovo fisco si realizzerà all'interno della legislatura e quindi entro i prossimi tre anni. Nessuna fuga in avanti. Tremonti ha annunciato che il cantiere è aperto, ma non ne ha svelato i contenuti. Il titolare di via XX settembre ha sottolineato quanto sia ormai anacronistico il nostro sistema tributario, partorito all'inizio degli anni '70 e con continui " rattoppi" nel corso degli ultimi decenni che ne hanno reso ancora più complessa la sua comprensione ai contribuenti. Semplificazione e trasparenza sono le due parole d'ordine alla base della riforma, che, ha assicurato Tremonti, certamente non provocherà un incremento delle imposte patrimoniali né una reintroduzione di tributi sulla casa come l'Ici. Ma il rinnovamento del sistema tributario è anche una partita politica. Tremonti punta a una riforma il più possibile condivisa, a partire dal confronto con le forze sociali, con l'opposizione e con le istituzioni europee e internazionali. Il ministro probabilmente non sottovaluta neppure il fuoco amico con cui in un passato non lontano ha dovuto fare i conti. Certo l'appoggio della Lega finora è stato determinante e, per questo, riforma fiscale e federalismo saranno destinate a marciare con lo stesso passo.

Da non dimenticare poi la riforma degli ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha già annunciato che un minuto dopo l'insediamento delle nuove giunte il governo avrebbe avviato l'apertura del tavolo. Con i nuovi governatori partirà il confronto per rafforzare gli enti bilaterali assegnandogli quello 0,30% del monte salari destinato ai fondi interprofessionali. Obiettivo non più rinviabile per il governo è anche il nuovo statuto dei lavoratori che viene ritenuto il completamento della riforma iniziata da Marco Biagi.

30 marzo 2010
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