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Verso la Casa Bianca / I sondaggi incoronano Obama

dal nostro corrispondente Roberta Miraglia

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10 ottobre 2008


NEW YORK - Per la prima volta un sondaggio proietta Barack Obama oltre la quota dei 270 Grandi elettori necessari a conquistare la Casa Bianca. Il candidato democratico avrebbe oggi 277 Grandi elettori contro i 163 del repubblicano John McCain. Secondo RealClear Politics - il sito specializzato che calcola la media di tutti i sondaggi nei 50 Stati americani - anche la Virginia, con la sua dote di 13 voti, sarebbe quasi blu, il colore del partito democratico. Nel senso che penderebbe, anche se non saldamente, a favore dell'Asinello.
La mappa degli Stati Uniti, sempre secondo RealClear Politics, avrebbe ancora sette Stati incerti, tra i quali gli importantissimi Florida e Ohio, ciascuno in grado di cambiare, da solo, le sorti della corsa. Negli Stati Uniti l'elezione del presidente non è diretta, i cittadini votano per "grandi elettori" che poi indicano la prima carica del Paese. Ogni Stato pesa diversamente - si va dai 55 voti della California ai tre dell'Alaska - e il candidato che prende anche una sola preferenza in più si aggiudica tutto il "pacchetto" di grandi elettori in palio nello Stato.
Dopo mesi di incertezza senza cambiamenti di rilievo nelle mappe elettorali, la crisi finanziaria e l'economia in recessione sembrano ora tirare la volata al senatore di Chicago, che la media degli ultimi dieci sondaggi nazionali colloca 5,6 punti percentuali davanti a McCain mentre una nuova rilevazione di Zogby-Reuters dà il democratico al 48% e il repubblicano al 44. Troppo poco, tuttavia, secondo lo stesso guru delle previsioni elettorali, per considerare chiusa la partita. «Attenzione: bisogna ricordare - è l'invito di John Zogby - il precedente di Ronald Reagan nel 1980. Soltanto la domenica prima delle elezioni si ruppe la diga e la gente decise di fidarsi di lui».
Nelle fila dei democratici, accanto agli strateghi entusiasti che sognano una vittoria a valanga (con almeno 350 voti elettorali, come Bill Clinton nel '96 al secondo mandato), ci sono i prudenti. Manca ancora troppo tempo, sottolineano questi ultimi, e le corse precedenti mostrano che nell'ottobre del 2000 i sondaggi davano in netto vantaggio Al Gore su George Bush. Solo due settimane dopo il repubblicano passava in testa per poi vincere in Florida con il voto più contestato della storia americana. Gli scettici avvertono che il fattore R (razza) potrebbe alla fine risultare fatale come lo fu nel 1982 per Tom Bradley, candidato afroamericano alla poltrona di sindaco di Los Angeles, in testa in tutti i sondaggi e tradito nel segreto dell'urna da elettori che si vergognavano di dire persino in interviste anonime che non avrebbero scelto un nero.
In attesa del verdetto, gli sfidanti si attaccano sull'economia che ha ormai spazzato via ogni altro argomento. Obama ha criticato ieri il piano di McCain da 300 miliardi di dollari per salvare i mutui e le case degli americani: «Punisce i contribuenti e ricompensa le banche». E l'altra notte è scesa in campo la moglie Michelle, che in tv lo ha difeso dall'accusa di andare contro l'interesse dei soldati Usa in Iraq lanciata il giorno prima dall'altra aspirante first-lady, la biondissima Cindy McCain.

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