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Obama avanti verso il traguardo

dal nostro corrispondente Mario Platero

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4 NOVEMBRE 2008

Tutto nella scelta per queste elezioni americane è drammaticamente diverso. Tutto in questa giornata, che resterà storica comunque andranno le cose, in questo 4 novembre 2008, che attendiamo da ventuno mesi con sofferenza, con entusiasmo, con preoccupazione, con passione, indica agli americani due direzioni contrapposte: quella per l'innovazione e quella per la tradizione.

Il Paese sceglierà oggi il suo nuovo Presidente fra Barack Hussein Obama, 47 anni, figlio di un africano e di una donna bianca, sposato a una discendente di schiavi; e John McCain, 72 anni, un eroe di guerra, un "maverick", il discendente di proprietari di piantagioni di cotone del Mississippi e di un centinaio di schiavi. Già queste differenze basterebbero a rendere le elezioni storiche.
Ma quando dovranno decidere il loro destino, gli americani porteranno nel segreto dell'urna, molte altre speranze, preoccupazioni, paure. C'è sempre aperta la ferita dell'attacco dell'11 settembre. Ci sono due guerre in cui migliaia di giovani americani continuano a morire in terrelontane.C'è la sensazione che il Paese possa aver tradito alcuni dei suoi valori più profondi in termini di diritti civili. E persino flirtato con l'idea di una «presidenza imperiale». C'è, come uno squarcio nella fiducia della gente comune, la più grave crisi finanziaria in 80 anni. Una crisi che ha minacciato persino la tenuta del credo ultimo dell'America: il capitalismo e l'economia di mercato. Ci sono dunque molti fantasmi che accompagneranno gli elettori alle urne. E ci saranno speranze.
Quella di realizzare davvero, senza fronzoli, senza imbrogli, per la prima volta, la promessa scritta nella Dichiarazione di Indipendenza: «Tutti gli uomini sono creati uguali con certi diritti inalienabili, la vita, la libertà e il perseguimento della felicità ». E per ora, come è sempre successo alla vigilia di svolte epocali, i sondaggi dicono che vincerà l'innovazione. Le porte della Casa Bianca potranno davvero aprirsi a un nero per superare di slancio la nuova frontiera del melting pot, dell'integrazione razziale, per eleggere il primo presidente " mondiale" di questi Stati Uniti d'America. Mediamente, nei sondaggi, Barack Obama è a quota 51,7 contro il 44,2% per John McCain. Ma in sondaggi di ieri pomeriggio, recentissimi, il distacco era ancora più forte, Gallup/UsaToday rilevava un distacco di 11 punti, il 53% per Obama contro il 42% per McCain. Mai numeri non bastano. In passato i sondaggi hanno sbagliato. E in queste circostanze McCain conta sulla forza della tradizione, sulle paure, i timori, il sospetto ancora marcato nel cuore di milioni di americani all'idea di mandare un nero alla Casa Bianca, e per di più della sinistra del partito democratico: «Ho bisogno del vostro voto, non vogliamo il socialismo a Washington, dovremmo combattere per vincere, ma la Casa Bianca sarà nostra. Forse gli intellettuali, i media, i nostri concorrenti ancora non se ne sono accorti, ma "Mac is Back". Vinceremo grazie a quelli che sanno sperare in silenzio, a quelli che sanno da che parte sta l'interesse del Paese. La maggioranza è con noi», ha detto ieri McCain in Tennessee, al confine con la Virginia. Instancabile, continuerà la sua marcia nella notte e questa mattina arriverà finalmente a casa, a Phoenix, in Arizona dove aspetterà i risultati nella notte.

Obama era a Jacksonville, in Florida, quindi in Virginia e Carolina del Nord, per poi tornare nella sua Chicago: «Non possiamo fermarci, non possiamo rallentare o perdere un minuto o un secondo nelle prossime 24 ore: non ora quando la posta in gioco è così alta », ha detto il candidato democratico, che da Charlotte, in Carolina, ha comunicato ieri la morte della nonna materna, Madelyn Dunham, 86 anni, malata di cancro, salita alla ribalta della cronaca per la visita di addio che Barack volle dedicarle il 24 ottobre scorso, interrompendo la campagna.

Così la corsa continua. E mentre ci avviciniamo alla fine di questa maratona riaffiorano i record: il miliardo di dollari che insieme in due candidati hanno speso per arrivare a questo martedì di fuoco; i 135 milioni di americani registrati al voto, in termini assoluti non era mai successo; torneranno in mente le lacrime di Hillary Clinton e l'occhiolino di Sarah Palin. Questo 2008 è stato anche l'anno delle donne. Poi, nella notte, tutto finirà e l'America avrà un nuovo presidente. E, quasi certamente in queste elezioni, un nuovo futuro.

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