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Un riformista per il passaggio di consegne

dal nostro inviato Claudio Gatti

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Quella del 4 novembre è stata una serata memorabile per John D. Podesta. Anzi Podésta, perché non c'è accento sulla A finale.
Seduto a un tavolo di un ristorante italiano di Washington davanti a un piatto di tagliatelle al cinghiale con la moglie Mary, la seconda figlia Mae, il fratello Tonye la nuora Heather, John Podesta aveva tre motivi per celebrare. Il trionfo di Barack Obama, la vittoria del partito democratico e il trentesimo anniversario di matrimonio. «Non potevamo chiedere di più. E abbiamo stappato più di una bottiglia»,ci dice Tony,anche lui, come il fratello, da 40 anni attivo nel partito che fu di Kennedye che adesso è di Obama.
Dopo la sbornia, subito il lavoro. Alle 6 del mattino di ieri, 5 novembre, John Podesta era già a bordo di un aereo. Destinazione: Chicago,quartier generale di Obama dove il ( quasi) sessantenne italoamericano avrà il compito più delicato e più urgente di questa fase post-elettorale: guidare, assieme Valerie Jarrett (consigliere di Obama),la transizione dall'amministrazione di Bush a quella del nuovo presidente.

Sarà soprattutto sua la responsabilità di mettere insieme la squadra che prenderà le redini del Paese a partire dal prossimo 20 gennaio. Podesta, che da mesi si stava preparando a questa missione, ha pronto un team diviso in quattro gruppi (per area di interesse), a loro volta suddivisi in dodici sottogruppi. Con un obiettivo ben chiaro in mente: evitare indecisioni,lentezze e inefficienze che fecero perdere all'amministrazione Clinton lo slancio della vittoria elettorale. Un compito difficile per un veterano dei compiti difficili. Da capo dello staff di Bill Clinton era stato lui a tenere il timone della Casa Bianca durante la tempesta Levinsky.

«Abbiamo cominciato a fare politica quando eravamo al college », ricorda Tony Podesta. Ovviamente sempre e rigorosamente nel partito democratico. «Abbiamo il partito nei geni: nostro padre John era un operaio a Chicago e ha sempre votato democratico e nostra madre Mary è stata dagli anni 60 volontaria nella macchina elettorale dello storico sindaco Daley ».

"Mama Podesta", ovvero la Regina del pesto. Così era nota a Washington dopo due decenni di cene da lei organizzate per discutere di politica e raccogliere fondi per i candidati democratici. «Mia madre era di origine greca,ma aveva ereditato le ricette liguri di mia nonna», spiega Tony. Entrambi i nonni di John e Tony Podesta arrivarono negli Usa a fine 800 dalla Liguria. Il nonno era originario del Comune di Ne e la nonna di un altro paesino sempre in provincia di Genova. È nel centro di accoglienza di Ellis Island, l'isola davanti alla Statua della Libertà dove sbarcavano le navi degli immi-grati, che la famiglia perse l'accento sulla A finale del cognome. I nonni si trasferirono poi a Chicago, dove nacque John Senior e i suoi figli Tony e John.

La famiglia Podesta ha mantenuto legami stretti con l'Italia. Tony e sua moglie Heather hanno una casa a Venezia, vicino Campo Santa Maria Formosa, dove John va spesso in visita. Dalla loro origine italiana deriva anche l'apprezzamento per l'opera (oltre che per l'arte).

Ma la più grande passione di famiglia è la politica. Tony e John sono sempre stati legati all'ala della sinistra moderata del partito. Non a caso, dopo la vittoria della destra repubblicana di George W. Bush, mentre Tony si buttò sul lavoro della società di consulenza e lobby fondata con il fratello (che oggi si chiama Podesta Group),John decise di prendere la guida del Center for American Progress, un think tank di Washington nato con l'obiettivo di costruire le basi di un nuovo movimento progressista. Il presidente Barack Obama governerà dal centro o da sinistra? È la domanda del momento. E la decisione di affidare la guida della transizione a John Podesta aiuta a capirlo? Lo chiediamo a Tony. «Poiché nelle primarie John, come me, aveva sostenuto Hillary Clinton, direi che la sua scelta sia una conferma del fatto che Obama non opera sulla base di teoremi ideologici o logiche di appartenenza. Detto questo, John rappresenta l'anima riformista del partito, quella che in termini italiani si potrebbe definire di Centro-sinistra più che di sinistra», risponde Tony.

Come Obama, anche John Podesta non esita ad appellarsi ai grandi ideali. «Sul fronte interno il compito del Governo secondo me è quello di restaurare i valori democratici e l'equità sociale. In politica estera è quello di ricostruire alleanze e fare degli Stati Uniti d'America una nazione indispensabile, anziché il bullo del mondo »,ha dichiarato poche settimana fa in un'intervista via web. Néè tipo da nascondere la propria fede politica. «Non ho problemi a essere definito un liberal. È un etichetta che non mi risulta affatto scomoda. Anche se ritengo ci sia una differenza tra il classico liberal e il progressista. Perché il progressista viene da una tradizione di risoluzione dei problemi più pragmatica», ha detto.

La sfida di adesso è quella di passare al setaccio il curriculum vitae di centinaia di candidati. Il piano di Podesta è di applicare lo stesso criterio che ha portato Obama a scegliere lui. Si potrebbe definire «pragmatismo progressista».
  CONTINUA ...»

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