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Rilanciare l'economia senza punire il mercato

di Alberto Alesina

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Giovedí 06 Novembre 2008

Poco più di mezzo secolo fa i neri d'America dovevano sedersi sul retro degli autobus e negli Stati del Sud di fatto non potevano votare. Oggi gli Stati Uniti hanno eletto un presidente afroamericano. È una straordinaria testimonianza di come questo Paese si trasformi, riesca a correggere i propri errori e a riemergere dai suoi periodi più bui. Almeno simbolicamente questa capacità di reazione è di buon auspicio per il difficile momento che sta attraversando l'economia.

La crisi finanziaria e la recessione imminente riveleranno subito "quale" Obama è stato eletto. In campagna elettorale il senatore dell'Illinois ha fatto sfoggio di abilità retorica ma è rimasto molto vago sui contenuti. Ha parlato di cambiamento senza spiegare bene in che direzione. Ci sono due possibili Obama. Il primo è quello con un "voting record" al Senato che lo pone all'estrema sinistra del partito democratico; che parlava di protezionismo e di revisione degli accordi di libero commercio nel continente; che voleva aumentare subito (e di molto) le tasse sui ceti medio-alti; che con una buona dose di populismo voleva tassare gli "speculatori" petroliferi e penalizzare i capital gains, con un atteggiamento punitivo verso Wall Street; che voleva sussidiare industrie in declino. Se questo è l'Obama che è stato eletto, allora la recessione Usa, e di riflesso quella europea, sarà più grave e più lunga del previsto.

L'altro Obama è quello centrista, pronto a rinviare aumenti di imposte sui "ricchi" a quando l'economia reale se lo potrà permettere, cioè a recessione finita, e che parlava di protezionismo solo per vincere in quegli Stati, come Pennsylvania e Ohio, pieni di industrie in difficoltà, strategia che infatti ha funzionato. Un presidente che sceglierà probabilmente come segretario al Tesoro un economista moderato e intelligente come Lawrence Summers, già ministro nell'amministrazione Clinton.

Un presidente che metterà in pratica il suo mandato di redistribuzione del reddito in modo non grossolano e che non penalizzi troppo la crescita, perché senza quest'ultima c'è poco da redistribuire. Un leader che non cada nella trappola di un atteggiamento punitivo contro Wall Street per le colpe che ha avuto nella crisi finanziaria, precipitandosi a regolare tutto in modo da bloccare il funzionamento dei mercati finanziari che tanto hanno contribuito alla crescita dell'America. Se questo è l'Obama che ha vinto, allora l'economia Usa può tirare un sospiro di sollievo, così come quella europea.

Cosa vorrà fare l'Amministrazione è particolarmente importante perché il partito democratico ha un solidissima maggioranza al Congresso. Anche se al Senato i democratici non avranno un numero di seggi tale da proteggersi contro l'ostruzionismo della minoranza, in ogni caso il presidente avrà vita facile nel far approvare la sua agenda. In questo senso un Governo un po' più bilanciato, con i repubblicani più forti al Senato e alla Camera, sarebbe stato preferibile. Il forte ribasso di Wall Street il giorno dopo le elezioni potrebbe segnalare proprio questo: la vittoria di Obama era attesa e già incorporata nelle aspettative, ora la Borsa è preoccupata per la disfatta repubblicana. Certo la crisi, di cui l'amministrazione è Bush solo in minima parte responsabile direttamente, non li ha favoriti. I sondaggi si sono aperti a forbice a favore dei democratici dal momento più acuto della crisi in poi, dal fallimento di Lehman Brothers e l'intervento su Aig.

Del resto la storia insegna che un'economia in recessione significa la sconfitta del partito del presidente in carica. Ma in questo caso c'è forse di più. Si è rotta quell'alleanza su cui si basava il blocco repubblicano: la destra religiosa, una parte degli operai conservatori su argomenti sociali e sui diritti civili, e gran parte dei ceti medio-alti. I "colletti blu" hanno votato in blocco per Obama, ad esempio nello Stato cruciale della Pennsylvania, sfatando il mito del loro "razzismo". Una parte dei liberisti del Nord-Est, tradizionalmente repubblicani, delusi dalle politiche di Bush hanno dato una mano ad Obama, sperando di aver eletto la sua versione centrista e pro-mercato. Se questi flussi elettorali avranno conseguenze di lungo periodo o siano solo il risultato della recessione di oggi è troppo presto per capirlo, dipenderà molto da cosa farà il nuovo presidente. Un Obama centrista potrebbe davvero cementare un blocco democratico difficile da scalfire nel prossimo decennio, o forse più.

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