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Trabant, la storia dell'auto di cartone che correva al di là del Muro

di Marcello Lo Vetere

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5 novembre 2009


Sembra disegnata, col righello, da un bambino delle elementari. "Zac", "Zac": ecco il cofano e il tetto. "Zac", "zac", hai visto i finestrini belli dritti? Altre due belle righe verticali per le portiere. Sul muso, invece, due fari tondi e una mascherina: grigia e non cromata, che costa meno. Ecco com'è nata la Trabant P50 del 1957. Prodotta dalla "VEB Sachsenring Automobilwerke" di Zwickau, in Sassonia, nell'allora Germania Orientale, motorizzò le nazioni del blocco comunista. Era un'auto poverissima e dalla carrozzeria priva di fascino. Eppure, quella che sembrava una scomoda caricatura su quattro ruote, è stata prodotta fino all'aprile del 1991 in oltre tre milioni di esemplari. E oggi, questa cenerentola della storia dell'automobilismo, è ancora nel cuore di molti appassionati europei. E non è escluso, addirittura, che possa rinascere sulla base del prototipo visto a settembre al Salone di Francoforte.

Intanto non mancano club che organizzano raduni in ogni parte delle Germania. In quelle occasioni è possibile rivederle in perfetta forma o, addirittura, elaborate con motori più potenti o con livree personalizzate che hanno poco da invidiare ai van più lucenti e moderni.
Gran parte della sua storia la Trabant (che in tedesco significa satellite), l'ha costruita sulle strade al di là del Muro di Berlino e della Cortina di ferro. Visto che l'acciaio scarseggiava, la carrozzeria era in "Duroplast": una sorta di impasto di plastica e cartone riciclato e pressato insieme. Non per niente le furono affibbiati nomignoli poco lusinghieri tipo "bomba di plastica" o "cartone che corre". Anche il motore era quanto di più economico si potesse concepire: un propulsore a due tempi di 500 cc da 25 CV raffreddato ad aria, privo di valvole, albero a camme, cinghie dentate o catena di distribuzione e pompa dell'olio. A causa del vistoso fumo allo scarico si beccò anche il triste soprannome di "ammazzaforeste", riferito all'alto tasso inquinante delle sue emissioni.

Però, su strada, se la cavava bene: se si aveva pazienza "scattava" da 0 a 100 km/h in 29 secondi e poteva superare i 112 Km/h di velocità massima: comunque sempre più della Fiat Nuova 500 che, nella prima versione, arrivava a 85 km/h. E anche in recenti "crash-test" le "trabi" hanno dimostrato di essere abbastanze protettiva, considerando gli standard dell'epoca e la tecnologia con cui furono realizzate. Da sottolineare che, nel 1997, questa utilitaria tedesca, irrisa per la sua linea e il suo confort, superò il "test dell'Alce": l'improvvisa sterzata a 60 km/h che simula l'evitamento di un ostacolo sulla strada che invece aveva mandato in crisi la nuova Mercedes Classe A.

Tante sono ancora le Trabant sopravvissute al regime e alle mode. Alcune sono ancora utilizzate in Finlandia dove digeriscono bene le temperature polari e le strade non asfaltate. Invece chi ha studiato il Muro di Berlino a scuola o lo ha visto crollare in televisione quel 9 novembre del 1989 ricorderà le foto o le lunghe file di Trabant che attraversavano il confine cariche di persone, bagagli e sogni.

Oggi, l'occasione per fare un giro su una Trabant è sicuramente il "Wall ride". Organizzato in questi giorni dalla "Trabi On Safari" è un tour guidato per la città di Berlino in occasione del 20ennale della caduta del muro. L'organizzazione mette a disposizione diversi esemplari in livrea militare (dalle P601 A Limousine, alle scoperte P 601 A K ü bel, fino alle "station wagon" P 601 A Kombi). Così si potrà, finalmente, parlare a ragion veduta di queste macchinette tanto sbeffeggiate. E - dopo aver chiesto il prezzo per portarne una in Italia – restare di sasso: "Così cara? Ma è una Trabant!". Appunto.

5 novembre 2009
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