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«Su la sbarra!», ordinò Harald

di Alessandro Melazzini

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6 settembre 2009
(Ansa)

Harald Jäger da quasi trent'anni controlla visti e passaporti nella Germania dell'Est. Serve il ministero per la Sicurezza dello Stato, conosciuto nel mondo come la STASI.
L'ufficiale presidia il varco di Bornholmer Straße, il più delicato tra quelli di Berlino Est e, quindi, di tutti i millequattrocento chilometri che tagliano in due il suolo tedesco, perché collocato in mezzo alla città nel quartiere di Prenzlauerberg, dove abitato studenti, artisti, religiosi e ambientalisti. Tutta gente da tenere sott'occhio.
La mattina del 9 novembre 1989 nulla tuttavia fa presagire quello che sta per accadere. Certo da mesi la popolazione protesta, ma Jäger è un uomo d'ordine. Teme per l'esistenza dello Stato, per la disgregazione dell'ordine sociale, ma si astiene dal dirlo, non volendo apparire disfattista.
Tutto tranquillo fino alle sette di sera, quando Harald si reca in sala mensa. Alla televisione una conferenza stampa di Günter Schabowski, membro del Politburo. Improvvisamente l'uomo borbotta qualcosa a proposito della libertà di movimento.
A Jäger si blocca il boccone in gola.

Il giornalista italiano Riccardo Ehrmann domanda a quando l'entrata in vigore del permesso. «Immediatamente», risponde impacciato Schabowski. Harald Jäger è inorridito e scioccato. Come è possibile annunciare di punto in bianco che da subito si può attraversare il confine? Non si rende conto quel bel tipo che a concedere libertà di movimento, poi tutti vorranno utilizzarla? Diamine ci sono delle procedure a cui attenersi, le prescrizioni sono una cosa seria! Come fanno gli uffici a quell'ora a rilasciare migliaia di visti? Occorre telefonare al Centro Operativo e richiedere nuove istruzioni. Bisogna assolutamente chiudere al più presto il vuoto informativo.

Al telefono però il colonnello Ziegenhorn ne sa quanto Jäger, ovvero nulla. Sicuramente ci sarà stato uno sbaglio, commenta il superiore: tornare ai propri posti, procedere come se nulla fosse. Sul confine comincia ad assieparsi qualche persona. Un'ora dopo, già sono diventate cento. Il capo dei controllori è andato a consultarsi con i superiori, ora è Harald Jäger al comando della postazione.
Passano i minuti e la massa di persone s'ingrossa. Vogliamo passare il confine, dice la gente: l'ha detto Schabowski in televisione! Un membro del Politburo è un membro del partito. E, come scandisce la canzone, «il partito ha sempre ragione».

Jäger non sa che fare, stretto tra quanto affermato dal politico e quanto ordinatogli dal superiore. Passa un'auto della polizia popolare e i colleghi informano i capannelli di persone di richiedere l'autorizzazione nel presidio di polizia poco distante. Pericolo scampato, pensa Jäger. Ma dopo un quarto d'ora il flusso di cittadini ricomincia a tornare verso di lui. L'agitazione sale, il numero di persone intorno alla sbarra blocca traffico aumenta, sicuramente nella folla si annidano elementi negativi: potrebbero tentare di usare la forza.
In quel momento Jäger comanda sedici persone, tutte armate.
Ogni minuto che passa, sale il pericolo. Harald ritelefona al superiore.
«Jäger, conosci le strutture di comando militari», è la brusca risposta, «non posso comunicarti alcuna decisione se questa non mi viene dettata dall'alto». E riappende senza un saluto.
Le centinaia di volti diventano migliaia. Espressioni allegre, facce deluse, sguardi minacciosi. Le richieste di apertura del confine si fanno sempre più rumorose.

Jäger torna al telefono. «E allora sentiamo cos'hanno da dire quelli là», sbotta Ziegenhorn, mettendosi in contatto diretto con la sede centrale della STASI. Silente Harald riesce a sentire la conversazione tra Ziegenhorn e un generale. Questi esprime perplessità sulle preoccupazioni di Jäger.
Cosa!? Ventotto anni di irreprensibile servizio sul confine e ora il Ministero l'accusa di essere un pauroso?
«Penso che dovreste sentire cosa sta capitando qui!», ringhia allora al telefono, tendendo la cornetta in direzione della massa di gente che là fuori rumoreggia. Quando però riporta l'orecchio al ricevitore, la comunicazione è interrotta.
Che illusione pensare di poter mettere in contatto diretto il popolo con il Ministero.
Ritelefona. E scopre invece che forse il suo scatto è servito a qualcosa! Giungono nuove direttive: lasciare espatriare tutti i cittadini che mostrino atteggiamenti provocatori, insieme a qualche elemento innocuo per confondere le acque, avendo però cura di timbrare i passaporti in maniera speciale. A chi vuole uscire, dovrà infatti essere negato il rientro.
Cose da pazzi! Significa privare della cittadinanza chi attraversa il confine, senza nemmeno informarlo del fatto! Eppure qualcosa adesso si è mosso, si consola Jäger perplesso, istruendo la squadra con le nuove direttive.

Dopo appena un'ora tuttavia la soluzione si dimostra controproducente, oltre che inutilmente vendicativa. Tutti coloro a cui è stata negata la possibilità di attraversare il confine, premono per uscire. E intanto le Trabant in fila ormai si contano a centinaia.
  CONTINUA ...»

6 settembre 2009
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