Le donne leonesse d'Iran

di Sara Hejazi

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16 luglio 2009
(Ap)
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L'immagine di giovani donne che manifestano per le strade di Teheran con indosso mascherine per non farsi riconoscere, o coperte da rusari (i foulard islamici) verdi come il colore del movimento di protesta contro l'esito elettorale del 12 giugno scorso, hanno ormai fatto il giro del mondo, e probabilmente ne hanno anche stupito una buona parte, quella che generalmente non si aspetta di vedere un genere femminile così combattivo in un paese così islamico. Loro si chiamano shirzanha (donne-leonesse), e non sono un prodotto nuovo dell'Iran contemporaneo.
La tradizionale combattività del genere femminile in Iran affonda le sue radici molto indietro nella storia, fin dal X secolo d.c., attraversando i ginocei della dinastia Quajar del XIX sec. e soprattutto a partire dal movimento costituzionalista che portò alla rivoluzione costituzionale del 1906. Sostanzialmente il movimento per le donne è iniziato come sforzo per la ri-definizione dei ruoli di genere in un Paese alla disperata ricerca di "un'autenticità persiana" come mezzo per l'autonomia culturale ed economica dalle super-potenze straniere. Per le donne si trattava di non imitare banalmente il modello femminista proveniente dall'Europa, ma nemmeno di chiudersi dietro ad una tradizione pensata come immutabile e sempre uguale a se stessa. Lo sforzo per un equilibrio tra patrimonio tradizionale e (minacciosi) modelli culturali stranieri ha portato alla ventata islamista degli anni Sessanta del Novecento, quando la religione islamica sciita si fece strumento di legittimazione del cambiamento sociale che stava avvenendo in un Iran dilaniato da una monarchia esasperatamente asservita all'Occidente da un lato, e dall'altro dalle aspirazioni di grandezza nazionale e modernizzazione.
E' infine proprio la rivoluzione khomeinista del 1979 che sancì definitivamente il nuovo modello femminile iraniano, qualcosa che si discostava da tutto il resto del mondo musulmano ma anche dall'Occidente. Le shirzanha erano tenute a combattere per la rivoluzione, e contemporaneamente a crescere i propri figli, come nell'immagine evocata da Khomeini stesso, che descriveva la folla di donne rivoluzionarie con un braccio teso e il pugno chiuso pronto a colpire, e con l'altro braccio che stringeva un bambino; sono tenute ad avere un'istruzione, e contemporaneamente a farsi carico del buon andamento familiare; sono tenute ad essere mogli modeste e al contempo a sostituire i mariti e i fratelli nei lavori più importanti della sfera pubblica; sono tenute a sottostare ad un sistema legale regolato dalla shar'ia, il che vuol dire essere per molti aspetti discriminate per legge, e al contempo a mandare avanti l'economia del paese attraverso la creazione di imprese o semplicemente contribuendo con il loro lavoro qualificato .
A trent'anni dall'affermazione di questo modello contraddittorio, il presente è caratterizzato da alcuni dati interessanti sul lavoro femminile in Iran: se infatti le università iraniane sono frequentate per il 60% da studentesse, dopo l'università la partecipazione femminile nel mondo del lavoro subisce un drastico calo: secondo l'ultimo censimento del 2006 la percentuale di donne impiegate come forza lavoro è del 20%, di molto inferiore alla media mondiale che è del 45%.
Il 33% delle donne lavoratrici svolge un lavoro professionale o altamente qualificato, anche se limitato ad ambiti precisi: insegnamento e scuola, salute, e servizi sociali, che sono gli stessi ambiti tradizionalmente riservati al genere femminile già a partire dagli anni Trenta del Novecento.
Se dunque il modello rivoluzionario ha dato una spinta al genere femminile verso la conquista di un'istruzione - potremmo dire- di massa, dall'altro non è ancora avvenuto nel Pese un vero e proprio turn over della situazione lavorativa femminile. Anche con una laurea, le donne iraniane tendono poi ad aspirare al matrimonio più che alla conquista professionale.
Le shirzan fotografate e viste nelle manifestazioni iraniane delle ultime settimane si trovano dunque in quella sorta di limbo che è il periodo dello studio universitario, dove si ha accesso al sapere, ma con l'incertezza ed il timore di doverlo trasformare poi in una sorta di ornamento, in una carta da giocarsi per concludere un contratto matrimoniale più o meno favorevole e vantaggioso.
Dunque la strada verso un'ulteriore emancipazione ed autoaffermazione del genere femminile in Iran deve passare, a quanto sembra, attraverso un'ennesima presa delle strade da parte delle donne- leonesse.

16 luglio 2009
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