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Pensando a un altro Egitto. A Milano prove di convivenza interreligiosa

di Martino Pillitteri

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25 gennaio 2010

Domenica pomeriggio l'aula Magna del Collegio di Milano era stracolma di gente, in particolare di egiziani. In programma non c'era una conferenza sul dialogo religioso con i soliti diplomatici arabi politically corret o i soliti professori e arabisti accademic correct. In agenda c'era un incontro conviviale tra i membri delle comunità musulmane e copte egiziane di Milano. La giornata è stata chiamata "Pensando a un altro Egitto".

Circa 100 persone hanno accettato l'invito della Casa della Cultura Islamica di Milano, dell'associazione Italo-Egiziana (Aie) e di Vita Magazine a trascorrere un pomeriggio di solidarietà e di distensione tra le comunità di egiziani per evitare che, la strage di Nag Hammadi in Egitto lo scorso 6 gennaio, dove sei cristiani e un poliziotto musulmano sono stati uccisi da un uomo armato che ha aperto il fuoco contro un gruppo di fedeli che partecipavano alle celebrazioni del Natale copto, possa diventare un pretesto per giustificare l'isolamento delle diverse comunità anche tra i migranti a Milano. Il piatto forte della giornata è stata la proiezione del film egiziano 'Hassan e Marcos', in cui un rispettato uomo religioso musulmano interpretato da un grande Omar Sharif assume l'identità di un prete copto, mentre un reale prete copto rinuncia alle vesti di stimato religioso indossando quelle di uno sheikh islamico per sfuggire al clima di violenza dopo un attentato bomba organizzato dai suoi coreligionari a causa della sua apertura verso i musulmani. Il film racconta con ironia i pregiudizi che musulmani e cristiani nutrono gli uni verso gli altri nella terra dei faraoni. «Una narrativa che fuori dall'Egitto deve rimanere nell'ambito della fiction cinematografica» ha detto l'islamologo e docente di letteraria araba dell'Università Cattolica di Milano Paolo Branca, nonché coordinatore della giornata. «La fiction del film potrebbe diventare realtà qui in Italia se la società civile non interviene e non manda un segnale di distensione sentita e partecipata all'interno delle comunità di migranti copti e musulmani».

Data la partecipazione di pubblico e il coinvolgimento, le prove di cittadinanza pacifica tra cristiani e copti che vivono in un paese secolarizzato come il nostro è risultato davvero possibile. «La strada però non è in discesa» ha detto la ventenne Rania originaria di Alessandria d'Egitto a Cappuccino e Narghilè. «La religione è diventata l'elemento capitale dell'identità degli egiziani ed è strumentalizzata dai religiosi e dai presunti laici. Ma la religione intesa come culto non è il problema. Rigetto l'idea di quelle persone che vorrebbero convincerci che il mondo sarebbe migliore senza le religioni. Ogni fede rettamente intesa non può che creare armonia tra noi e Dio, tra noi e il creato, tra noi tutti e le sue creature, non nonostante ma attraverso le nostre diversità».

Il promotore della giornata Pensando a un altro Egitto è stata la Casa della Cultura islamica di Milano. Il suo presidente, Mahmoud Asfa, architetto giordano, il mese scorso ha ricevuto l'Ambrogino d'oro per il suo impegno nel campo dell'integrazione. Gli altri partner organizzativi sono anch'essi impegnati, nei loro rispettivi settori di competenza, in progetti nel sociale e nel dialogo interreligioso: Il settimanale Vita non profit Magazine è il punto di riferimento del terzo settore e pubblica mensilmente "Yalla Italia" il mensile dedicato al processo identitario delle seconde generazioni italo arabe e testimonial all'avanguardia di un nuovo islam europeo. L'Aie invece, è un'associazione interculturale e laica con sede a Milano; Il presidente è musulmano mentre il segretario generale è copto. Il Collegio di Milano, come ci ha detto il direttore generale Stefano Blanco, oltre ad ospitare degli studenti arabi, vuole allargare la riflessione sul mondo arabo dopo che l'anno scorso, il seminario "Islam: Incontro o Scontro di Civiltà?" ha riscosso un grande interesse e partecipazione tra gli studenti. Secondo i dati del settore statistica del comune di Milano, nella capitale lombarda ci sono circa 70.000 musulmani, di cui 25.312 egiziani. Nel 1979, i musulmani residenti a Milano erano 3.390. Nel giro di tre decenni sono passati dallo 0,2% al 5,2% della popolazione. Per quanto riguarda la popolazione cristiana in Lombardia, la maggioranza proviene dall'Egitto. Sono in prevalenza copti ortodossi. Nell'area milanese se ne contano circa 10.000. Hanno varie Chiese, un convento di monaci e un vescovo. A Milano non c'è tensione tra musulmani e copti, tuttavia, i diretti interessati non nascondono che le comunità tendono a tenere le debite distanze. A questo proposito, Branca lancia una provocazione. «Visto che non riusciamo a demonizzare i copti come facciamo con gli islamici, ci limitiamo a ignorarli completamente. Alla faccia della fede comune che ci accomuna. Dovremmo relazionarci di più con le comunità copte. Proprio qui in Italia, in fondo, i copti potrebbero offrire un contributo prezioso e avrebbero l'occasione, insieme a loro conterranei musulmani che vivono in Italia, di sperimentare forme di convivenza e di cooperazione impensabili in Egitto. Tra loro, come tra i musulmani, prevalgono logiche identitarie di tipo difensivo. La straordinaria potenzialità di un meticciato positivo e propositivo è trascurata dalle istituzioni civili e anche da quelle religiose, concentrate sulla normale amministrazione o su qualche effimera iniziativa di facciata, con uno o due nomi di richiamo, folto pubblico di italiani ma quasi nessuno straniero, che nell'arco di una serata, condita da belle farsi, pretende di aver affrontato e risolto questioni delicate e complesse».

  CONTINUA ...»

25 gennaio 2010
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