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Le cinque tecnologie "proibite" dell'amministrazione Obama

di Gianni Rusconi

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Il sogno, la speranza e soprattutto la convinzione di costruire una nuova America passa anche attraverso un grande sforzo di comunicazione. All'interno e all'esterno della struttura governativa e soprattutto dentro i corridoi della Casa Bianca, da dove il nuovo Presidente degli Stati Uniti e il suo staff coordineranno la colossale macchina amministrativa del Paese. Nel giorno del giuramento di Barak Obama qualcuno, specificatamente un cronista di cnet.com, ha voluto giocare con le tecnologie che farebbero molto comodo alla missione presidenziale ma che con ogni probabilità non verranno e non potranno essere adottate. Ne è venuto fuori un quadro curioso di come alcuni servizi popolarissimi fra i consumatori "rischiano" di essere boicottati dalle rigide norme di sicurezza che regolano le attività della White House. Che sia un richiamo evidente alla querelle nata in seguito alla dichiarata volontà del nuovo Presidente Usa di continuare a utilizzare il suo amato BlackBerry, eventualità in contrasto con le procedure stabilite dal Presidential Records Act e aperta al rischio di pericolose intercettazioni?

Sebbene porterebbe benefici operativi non indifferenti, pensare quindi che gli uomini in servizio alla corte di Obama possano interagire fra loro tramite un programma di istant messaging come Aim è pura utopia. Soprattutto se a postare messaggi sulla chat ci si mettesse il Presidente in persona, magari per chiedere la reperibilità di un importante dossier sulle azioni di spionaggio. Idem come sopra per l'ipotetico ricorso a reti "peer to peer" per la distribuzione in tempo reale di documenti governativi. Perché, si chiede l'articolista, non utilizzare i servizi di BitTorrent per velocizzare l'accesso dei cittadini a determinate informazioni? Eviterebbe la gestione di costosi data center dedicati e sfrutterebbe nel vero senso della parola la natura aperta della Rete: troppo compromettente sposare una tecnologia messa sotto accusa dalle potenti associazioni discografiche, Riaa in testa?

E che dire dei blog, strumento su cui Obama ha costruito una parte della sua vittoria nella corsa alle presidenziali? Se la nuova Amministrazione americana utilizzasse un servizio come Present.ly, fra i più conosciuti siti per la comunicazione on line fra gruppi di lavoro, i flussi di interazione fra i diversi livelli dello staff e il titolare della Stanza Ovale sarebbero probabilmente molto più efficienti, perché i vari soggetti sarebbero debitamente organizzati in appositi gruppi e abilitati a scambiarsi informazioni in un formato tipo Twitter (altra tecnologia Web 2.0 molto cara ad Obama). Potevano mancare i video fra i cardini della (virtuale) piattaforma tecnologica al servizio del 44esimo Presidente degli Stati Uniti? Certo che no e allora perché non immaginare l'ex senatore dell'Illinois intento a "controllare" l'operato degli addetti della Casa Bianca attraverso un servizio come Stickam? Sempre in tema di tecnologie video, le risorse trasmissive messe a disposizione da un sito come Ustream potrebbero permettere ad Obama di conferire e interagire via chat (con un dovuto supporto di moderazione) con i cittadini di diversi Stati collegati in streaming a un suo intervento ripreso da una telecamera collegata a Internet. Le tecnologie "proibite" citate dal reporter di cnet.com finiscono qui ma gli esempi potrebbero essere molti altri. Per il momento sembra che Obama si accontenti (o si debba accontentare) del sito Whitehouse.gov e del relativo blog, in cui campeggia lo slogan "Change has come to America" e in cui è ospitata la pagina che illustra la visione tecnologica del successore di George W. Bush.

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