Un documento riservato dell'Onu, una bozza di otto pagine datata 15 dicembre e scovata dal quotidiano inglese «The Guardian», dice che gli attuali impegni per la riduzione delle emissioni-serra, assunti dai paesi del mondo sul palcoscenico globale di Copenhagen, non basteranno a raggiungere l'obiettivo di base dell'intero negoziato climatico: contenere l'aumento della temperatura media globale entro la soglia dei due gradi centigradi.
Redatto dalla segreteria dell'Unfccc, la convenzione Onu che da 15 anni organizza gli annuali vertici sul clima, il documento compara i diversi impegni assunti dai paesi industrializzati – l'Europa è cinque volte più coraggiosa degli Stati Uniti – con le proiezioni sui consumi energetici al 2030 dell'Agenzia internazionale per l'energia. «A meno che le parti non si impegnino a intraprendere vigorose azioni prima e dopo il 2020 – si legge – le emissioni globali resteranno su un sentiero insostenibile che potrebbe portare le concentrazioni sopra i 550 ppm, con un'aumento della temperatura intorno ai 3 gradi».
Traduzione: il consenso scientifico dice che l'anidride carbonica nell'atmosfera non deve superare le 450 parti per milione (oggi siamo quasi a 390), se vogliamo mantenere l'aumento della temperatura media, calcolata a partire dall'era industriale, entro i 2 gradi (siamo già a +0,8). Se salirà a 550, come calcola l'Unfccc, l'obiettivo non potrà mai essere raggiunto.
«Se il termometro della Terra sale di oltre due gradi – commenta Hans Joachim Schellnhuber, direttore del Potsdam Institute on Climate Impact Research – i meccanismi di questo pianeta potrebbero cambiare in maniera irreversibile». L'eventualità che i ghiacci si sciolgano rapidamente, o che si liberi il metano (un gas-serra ben più potente della CO2) oggi racchiuso negli idrati di metano distesi sugli abissi oceanici, porterebbe «a conseguenze non lineari». Ovvero, totalmente imprevedibili. «A mio giudizio – sentenzia lo scienziato e consigliere di Angela Merkel – la soglia più sicura è quella di 280 ppm». Ovvero, la concentrazione di anidride carbonica che c'era prima che l'umanità si mettesse a bruciare milioni di barili di petrolio, o migliaia di tonnellate di carbone.
«Gli oceani stanno assorbendo parte della CO2 che emettiamo e diventano più acidi», ammonisce Johan Rockström dell'Università di Stoccolma. E questa crescente acidità «potrebbe cominciare a corrodere l'aragonite, da qui al 2030». Altra traduzione: i gusci di tutti i molluschi del mondo sono a rischio. «Verso il 2060, l'intera vita marina potrebbe risultare trasformata».
Questa è scienza, non politica. Ma la politica sta imparando. «Ai tempi del Protocollo di Kyoto – osserva Ottmar Edenhofer, scienziato e co-presidente del terzo gruppo di lavoro dell'Ipcc – si sapeva ancora poco. Oggi, come si è sentito dalle dichiarazioni ufficiali dei capi di stato, tutti concordano che il cambiamento climatico è responsabilità umana, che peggiora se non viene frenato e che frenarlo è economicamente fattibile. Aspettiamo solo le decisioni della politica». Edenhofer è ancora ottimista che un accordo, subito o fra pochi mesi, ci sarà.
«Questa bozza dell'Unfccc – ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore generale di Greenpeace – dovrebbe suonare come un allarme, per i capi di stato. Hanno ormai solo poche ore per decidere. O venire ricordati come coloro che hanno consegnato il mondo al caos».