Connie Hedegaard, commissario europeo in pectore, si è dimessa da presidente del vertice climatico di Copenhagen. Il primo ministro danese, Lars Lokke Rasmussen ha assunto la guida del negoziato internazionale, ormai allo sbando.
«Con così tanti capi di Stato e di Governo che sono già arrivati qui - ha detto la Hedeegard di fronte alla plenaria - credo sia più appropriato lasciare la presidenza al primo ministro. Il quale mi ha comunque incaricata di continuare a negoziare con i miei colleghi» ministri. Ma pochi credono a una decisione di natura tecnica: la Hedegaard è stata criticata apertamente dalle delegazioni africane di voler favorire la posizione dei paesi industrializzati. E, in particolare, per aver tirato fuori dal cassetto la bozza di una proposta di accordo, che implicitamente avrebbe dovuto scavalcare tutti i testi redatti sin qui. Basti pensare che, ieri notte, le consultazioni sono andate avanti fino alle quattro del mattino, ma senza riuscire a sciogliere i nodi che bloccano il negoziato a poco più di 48 ore dalla conclusione programmata.
Davanti al microfono della plenaria, i capi di Stato e di governo hanno cominciato la maratona oratoria che andrà avanti nella notte e per l'intera giornata di domani. Grandi applausi per Hugo Chavez che, come vuole il copione del personaggio, ha tenuto un appassionato (e lungo) discorso davanti all'assemblea plenaria dei 192 Paesi presenti alla conferenza.
Senza troppi preamboli, il presidente del Venezuela ha puntato il dito contro quello che - a suo dire - è il vero responsabile del fallimento in corso: il capitalismo. E la sua incarnazione: gli Stati Uniti d'America. «Tutti dicono che Usa e Cina hanno lo stesso livello di emissioni-serra - ha detto Chavez - ma gli americani sono 300 milioni e i cinesi sono cinque volte di più». Il presidente, ricevendo applausi ancor più fragorosi in aula, dove i paesi in via di sviluppo sono fatalmente una maggioranza, ha detto che «non accetteremo nessuna bozza di accordo venuta fuori dal nulla». Questa è una sfida darwiniana, ha aggiunto, la sopravvivenza del più forte, e i 500 milioni di ricchi, il 7% della popolazione che ha oltre il 50% della ricchezza, che vogliono vivere sulle ceneri dei più poveri»
Oggi, fra gli altri parleranno il presidente della Commissione europea Barroso e il premier britannico Gordon Brown.
In queste circostanze, cominciano a sorgere dubbi sulla presenza di altri capi di Stato, a cominciare da Barack Obama. Di sicuro, il premier cinese Web Jiabao - che fino a ieri era iscritto nella lista degli oratori - è scomparso dalla lista. Per quello che avrebbe dovuto essere il «negoziato internazionale più importante dal dopoguerra», le cose si mettono male.
Intanto, i no global e i movimenti ambientalisti sono scesi di nuovo in piazza e hanno tentato di marciare verso il Bella Center, il centro-congressi teatro del summit: migliaia di manifestanti hanno assaltato la 'zona rossa' con l'intenzione di entrare nella sede del vertice e sono stati caricati dalla polizia. Oltre 250 persone sono state fermate, tra cui anche diversi italiani.