Il vertice di Copenhagen è entrato nella settimana cruciale. Ma i colloqui, che fino a ora stavano andando avanti su due piste parallele - l'estensione del Protocollo di Kyoto e la stesura del nuovo Trattato - si sono interrotti, con i paesi in via di sviluppo che hanno abbandonato in massa le aule del negoziato.
I paesi africani dicono che «i paesi ricchi stanno cercando di uccidere Kyoto». «Stanno cercando di far precipitare tutto», ha accusato Kamel Djemouai, il capo della delegazione algerina, durante una conferenza stampa.
Nel giro di mezz'ora sono stati sospesi i colloqui sul fronte della deforestazione, un passaggio cruciale del futuro trattato, che sin qui era considerato l'argomento che raccoglieva il maggior grado di consenso.
Connie Hedegaard, la presidente della conferenza, ha lanciato una serie di consultazioni multilaterali, nel tentativo di far ripartire con più serenità il negoziato. «Ci auguriamo - ha detto Yvo de Boer, il capo della diplomazia Onu - che questa situazione consenta di focalizzare rapidamente i punti cruciali, in modo da far ripartire il negoziato con una nuova spinta». Il problema, come sempre, è che mancano ancora le cifre: sulla riduzione della CO2 e sui finanziamenti.
La Cina, insieme al tutto il G77, il gruppo dei paesi in via di sviluppo, contesta la posizione degli Stati Uniti. Il problema è che gli Usa non hanno mai ratificato il Protocollo di Kyoto, né mai lo faranno. Al contrario, i paesi poveri chiedono di allungare la vita a Kyoto e di mantenere le trattative su una doppia pista.
Lo scenario, insomma, si complica. Iministri dell'ambiente di 192 paesi del mondo sono quasi tutti arrivati nella capitale danese e, da mercoledì sarà la volta di oltre 110 capi di Stato e di governo, che dovrebbero stringere sui contenuti di questa intesa globale sulla riduzione dei gas-serra. Ma il tempo stringe e le parti appaiono ancora troppo lontane.