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Nel «Far West» di Poipet

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"Non salga su di un taxi, è pericoloso. Non la porteranno dove le dicono" mi mette in guardia il presunto funzionario picchiandosi manate sul tesserino. " Prenda l'autobus, è gratis. Io lavoro per il governo, non ci crede? Chieda alla polizia!" E mi indica un agente mezzo addormentato su di una sedia che, con ogni probabilità, sarebbe il primo a prendersi una parte dei soldi che vorrebbero spillarmi.
Per fortuna, conosco la truffa del bus gratuito, così mi siedo su di un muretto e mi accendo una sigaretta. Questo un po' li spiazza, perché non mi mostro abbastanza preoccupato e il loro scopo è quello di farmi decidere alla svelta, senza darmi il tempo di riflettere.
Dopo qualche secondo di tregua, però, tornano all'attacco tutti insieme. I tassisti, nel frattempo, incominciano ad abbassare i prezzi. Quando uno arriva a chiedermi 35 dollari, accetto.
L'uomo con il tesserino non si da per vinto, mi insegue quasi strattonandomi e supplicandomi, per la mia sicurezza, di non salire sull'auto. " La faranno sparire- grida con tono drammatico- la prego di credermi!". Non molla finché la portiera non si è chiusa.
Quando partiamo tiro finalmente il fiato. Ora posso smettere di preoccuparmi che qualcuno mi derubi in mezzo a tutta quella confusione creata ad arte.
La Cambogia mi ha dato il benvenuto che spetta a chi sceglie la via di Poipet. Dal finestrino sfila un paesaggio simile a quello thailandese solo per il verde intenso e per le sterminate risaie punteggiate di palme. Per il resto, le casette e le ordinate palafitte hanno ceduto il passo ad un fila di baracche malconce e cadenti. Nessuna città, o meglio nulla che un occidentale chiamerebbe così. La povertà è qualcosa di tangibile, presente ad ogni angolo di strada. Nei gruppi di bambini mezzi nudi, nei volti dei contadini vestiti di stracci, nelle pochissime auto che sfilano sulla strada, asfaltata forse da meno di un anno.
C'è ancora tempo per un ultimo brivido quando la macchina incomincia a sobbalzare e l'autista scende per armeggiare nel cofano. Starà facendo finta? Cercherà una scusa per non portarmi a destinazione? Forse, dopo tutto, aveva ragione l'uomo con il tesserino. In fondo sono salito sull'auto di uno che non saprei nemmeno dire se sia un tassista… Per fortuna mi sbaglio e il taxi si rivela una buona scelta.
Il conducente risale e si riparte. Non ci fermiamo più fino a Siem Reap, dove arriviamo in meno di due ore, sotto un cielo sempre più grigio che sembra minacciare qualcosa di più del solito acquazzone pomeridiano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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