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Ritratto di un economista

Chi è l'antiamericano?

di Paul Krugman

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7 maggio 2010

Come sa bene chiunque conosca minimamente la costituzione degli Stati Uniti, uno dei principi più celebrati della nostra legge suprema è la garanzia della cittadinanza. Come dichiara la sezione 1 del XIV emendamento, «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro sovranità, sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono».

Dunque se sei nato in America sei un cittadino, non importa quale sia l'origine dei tuoi genitori, e godi dei diritti di cui gode qualunque americano. È un principio apparentemente fondamentale (e codificato nella legge), ma Duncan Hunter, deputato repubblicano della California, a quanto sembra la pensa diversamente. In occasione di un'iniziativa politica della destra, a fine aprile, Hunter ha dichiarato di essere favorevole a un provvedimento per deportare fuori dai confini persone nate negli Stati Uniti da immigrati clandestini. La lotta per difendere lo jus soli non vuol dire solo rispetto della lettera della legge: è un problema che chiama in causa l'identità dell'America e degli americani. Per me l'America è una terra dove si viene giudicati secondo i propri meriti, non secondo l'origine etnica o il lavoro che fanno i tuoi genitori.

Legalmente parlando, dire che la cittadinanza dipende dallo status migratorio dei tuoi genitori significa valicare una linea fondamentale: è una deriva verso politiche di razionalizzazione che renderebbero certi diritti ereditari, invece che legati al semplice fatto di nascere negli Stati Uniti. L'idea, naturalmente, è in linea con il progetto dell'Arizona di arrestare chi va in giro senza i documenti in regola. La frenesia antimmigrati è qualcosa di profondamente antiamericano, almeno per come concepisco io l'America.

Backstory/Per approfondire- Il problema dell'immigrazione diventa globale

Nelle settimane seguite alla sua promulgazione, la legge sull'immigrazione approvata in Arizona, caso senza precedenti in America, è diventata l'oggetto del contendere di militanti e politici impegnati a promuovere o impedire l'adozione di misure analoghe in altri Stati. Il 24 aprile, il deputato repubblicano della California Duncan Hunter, in occasione di un'iniziativa politica organizzata a Ramona (California), ha definito la legge dell'Arizona un «eccellente punto di partenza». Oltre alle misure previste dalla nuova legge, che trasforma in reato penale il fatto di circolare senza il permesso di soggiorno e consente alla polizia di detenere a tempo indeterminato persone sospettate di immigrazione clandestina, Hunter ha lanciato la proposta di deportare fuori dagli Stati Uniti i figli, nati entro i confini nazionali, degli immigrati illegali, aggiungendo: «Stiamo dicendo semplicemente che per essere cittadini americani serve qualcosa di più che attraversare un confine».

Questa nuova tendenza della politica americana ha suscitato l'allarme di alcuni dei principali alleati e partner commerciali degli Stati Uniti. Il presidente messicano Felipe Calderón ha avvertito, il 26 aprile, che le iniziative dell'Arizona avrebbero avuto ripercussioni negative sui suoi legami economici e politici con il Messico (lo Stato americano ha un confine di 351 chilometri con il Messico, e ogni anno esporta nel Paese latinoamericano merci per 4,5 miliardi di dollari) e ha annunciato che ne discuterà con il presidente Obama, anche lui critico nei confronti del provvedimento, in occasione di una visita ufficiale a Washington nel corso di questo mese.

Più recentemente, il ministero degli Esteri brasiliano ha diffuso una dichiarazione in cui afferma che la legge «sacrifica i diritti umani dei migranti». Il 4 maggio, i leader sudamericani si sono riuniti a Buenos Aires per discutere varie questioni, fra cui la legge promulgata dall'Arizona, e sono giunti alla conclusione che questo provvedimento autorizza «la detenzione discrezionale delle persone sulla base dell'appartenenza razziale, etnica, fenotipica e linguistica e dello status migratorio, in virtù del contestabile concetto di «ragionevole dubbio». In occasione della celebrazione del Cinco de Mayo [una ricorrenza molto sentita dalla comunità degli immigrati messicani negli Stati Uniti] alla Casa Bianca, il presidente Obama ha fatto eco a queste preoccupazioni dicendo: «Non possiamo trasformare cittadini americani e immigrati che rispettano la legge in individui sospetti, violare i loro diritti».

© 2010 NYT – distribuito da The NYT Syndicate

(Traduzione di Fabio Galimberti)

7 maggio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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