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La strategia dell'Europa per affrontare il debito

di Paul Krugman

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15 maggio 2010
La strategia dell'Europa per affrontare il debito

Il 10 maggio i legislatori europei hanno reso noto il piano generale per affrontare la crisi del debito sovrano. Dunque cosa significa e quali effetti avrà? (E forse, cosa ancora più importante, quali effetti non avrà?) L'annuncio numero 1, diffuso dai ministri dell'Unione europea, in sostanza non era che una versione più completa del tutt'altro che perfetto piano di salvataggio della Grecia svelato il 2 maggio. Di per sé questo nuovo piano non farà molto per la Grecia,
ma potrebbe rivelarsi utile per il Portogallo e, soprattutto, per la Spagna, che mostra minore stabilità. La situazione di questi paesi non è grave come quella greca e, in più, entrambi potrebbero essere disposti a sopportare gli anni di deflazione e austerità fiscale che accompagneranno il piano di salvataggio, se servirà a scongiurare attacchi speculativi alle loro economie.
Ma si tratta di vantaggi marginali. Quando ho sentito il primo annuncio, ho pensato subito che le autorità europee stessero commettendo un errore classico: trattare i problemi di solvibilità delle nazioni come se fossero una questione di liquidità.
Per questo ero contrario. Il secondo annuncio, da parte della Banca centrale europea, mi ha fatto in parte cambiare idea. A quanto pare, il presidente della banca centrale, Jean-Claude Trichet, è stato reclutato contro la sua volontà – praticamente trascinato per i capelli – a svolgere il ruolo di un Ben Bernanke in versione europea. Proprio lui che si era opposto all'adozione di politiche espansive in stile americano, costretto a una linea mai così interventista.
Nonostante la contrarietà della banca centrale, è vero che una politica monetaria più espansiva potrebbe effettivamente fare la differenza per l'economia europea, soprattutto se la Bce finisse per accettare un modesto incremento del tasso di inflazione. Un'inflazione complessiva più elevata contribuirebbe a ridurre il divario di prezzi fra gli stati, agevolando il processo di ripresa. Un'economia europea più forte implica un PIL più elevato e quindi un maggiore gettito fiscale, che renderebbe meno arduo l'accidentato percorso verso il risanamento economico. In effetti, il piano prevede la messa in atto di una strategia sostanziale: non è solo un tentativo di prendere tempo. C'è persino qualche buona notizia che a questo punto sembra quasi incredibile: per la prima volta in questa crisi, i responsabili delle politiche europee sono riusciti ad anticipare la curva, agendo in modo più aggressivo di quanto la maggior parte di noi si aspettasse. Questo shock ha impressionato i mercati. Non è ancora sufficiente per traghettare l'Europa in acque finanziarie più sicure, ma presumo che sia un inizio.

© 2010 NYT – distribuito da The NYT Syndicate
(Traduzione di Francesca Marchei)

15 maggio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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