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Le regole del sistema elettorale Usa

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30 ottobre 2008

Dopo che otto anni fa ci vollero 36 giorni di dispute legali e la decisione a maggioranza della Corte Suprema per eleggere il nuovo presidente americano, ormai è noto a tutti che il sistema elettorale americano ha regole proprie e complesse. Ecco tutti i 'come' e 'se' del sistema elettorale a stelle e strisce.


-COLLEGIO ELETTORALE: Inserito nella Costituzione americana dai 'Founding fathers' come un elemento teso a tenere lontana dalle elezioni «le passioni popolari», il sistema del Collegio elettorale si basa sull'idea che l'elettore esprimendo il suo voto in realtá non vota il candidato ma una serie di grandi elettori, a lui collegati, che lo voteranno per la Casa Bianca in un secondo momento.
L'elezione del presidente degli Stati Uniti e quindi indiretta.
Eletti nei singoli stati in numero proporzionale alla popolazione - che corrisponde alla somma dei deputati e senatori che rappresentano lo stato al Congresso - i grandi elettori sono 538: ad un candidato è necessario il voto di 270 di essi per aggiudicarsi la Casa Bianca.

WINNER TAKES ALL: I voti elettorali vengono aggiudicati all'interno di ciascun stato con un sistema maggioritario secco, che viene definito il 'winner takes all'. Fanno eccezione Nebraska e Maine, gli unici due stati che hanno scelto di assegnare i loro voti elettorali, rispettivamente cinque e quattro, con il sistema proporzionale.
In tutti gli altri stati il vincitore prende quindi tutto anche se per uno scarto minimo di voti, come hanno dimostrato sempre le elezioni di 8 anni fa quando Bush si è aggiudicato, con un vantaggio di poche centinaia di voti, tutti i 27 voti elettorali della Florida che gli hanno consegnato la Casa Bianca.
Incidenti di percorso si sono verificati anche nel 1888 ai danni del presidente in carica Grover Cleveland -il quale comunque per la cronaca quattro anni dopo fu rieletto, diventando l'unico presidente a tornare alla Casa Bianca dopo una sconfitta- e nel 1876, quando le elezioni furono perse dal democratico Samuel Tilden che aveva vinto il voto popolare.

ELECTION DAY: La data delle elezioni deve essere, per legge, fissata al martedì successivo al primo lunedì del mese di novembre quattro anni dopo l'ultima elezione del presidente. Secondo la costituzione i requisiti per diventare presidente sono tre: un'etá superiore ai 35 anni, essere nati negli Stati Uniti e risiedervi da almeno 14 anni.

COSA SUCCEDE SE NESSUNO OTTIENE MAGGIORANZA VOTI ELETTORALI: In caso di paritá tra i due candidati all'interno del Collegio elettorale , la decisione viene demandata alla Camera dei rappresentanti che sceglie il presidente fra i tre candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti elettorali. La delegazione di ciascuno stato alla Camera dove esprimere un solo voto, e se non riesce ad avere una maggioranza al suo interno, il suo voto non verrá conteggiato.
Diventa presidente chi ottiene la maggioranza dei voti degli stati, che è 26. Le elezioni presidenziali sono state decise due volte dalla Camera: nel 1800, quando Thomas Jefferson e Aaron Burr ottennero ciascuno 73 voti del Collegio Elettorale e Jefferson vinse solo al 36esimo ballottaggio. E nel 1824 Andrew Jackson ottenne 99 voti elettorali, John Quincy Admas (che aveva in effetti avuto più voti popolari) 84, William Crawford 41 e Henry Clay 37, dal momento che nessuno aveva raggiunto la maggioranza, decise la Camera e vinse Jackson al primo ballottaggio.

TRADIMENTI DEI GRANDI ELETTORI: Tra gli scenari più foschi che erano stati prospettati durante il lunghissimo stalllo elettorale di otto anni fa, era spuntato anche quello - che non si è poi verificato - di un possibile tradimento da parte di un grande elettore del suo candidato al momento della riunione del Collegio elettorale , che avviene, secondo la legge, il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre.
Nella storia americana, anche più recente, non sono mancati questi «tradimenti». Nel 1988, per esempio, Margaret Leach, elettrice del candidato democratico Michael Dukakis - che fu nettamente sconfitto da Ronald Reagan - votò invece per il candidato alla vice presidenza, il senatore Lloyd Bentsen.
Mentre nel 1976 fu un grande elettore repubblicano dello stato di Washington che invece di votare per lo sconfitto Gerald Ford votò, anticipando i tempi, per Reagan. Anche nel 2000 ci fu una sorpresa, ininfluente ai fini dei risultati: in segno di protesta per il modo in cui era stata condotta l'elezione un grande elettore di Al Gore votò scheda bianca.

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