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Vitto e alloggio, sconti mai pieni

di Matteo Mantovani e Benedetto Santacroce

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7 Settembre 2008

Dal 2009 non sarà più possibile dedurre integralmente i costi di vitto e alloggio nemmeno se si rinuncerà alla piena detrazione Iva. Con la circolare 53 del 5 settembre (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) l'agenzia delle Entrate ha infatti definitivamente chiarito che il nuovo regime Iva sulle spese di ristorazione e alberghiere introdotto con la manovra d'estate (Dl 112/08) non è discrezionale, ma obbligatorio. Ancora numerosi, tuttavia, i dubbi sulla materia, come dimostrano le numerose domande inviate all'indirizzo e-mail ivatrasferte@ilsole24ore.com.

Regime obbligatorio
Anzitutto occorre "smontare" la ventilata ipotesi sulla presunta ammissibilità della deduzione integrale dei costi per vitto e alloggio in cambio della rinuncia alla detrazione Iva: questa possibilità non esiste. Il legislatore non ha introdotto alcuna discrezionalità a favore degli operatori. Pertanto, il costo sostenuto per le spese di vitto e alloggio, dal 1° gennaio 2009, sarà sempre deducibile, ex articolo 109, comma 5 del Tuir, al 75% (tranne nel caso delle trasferte di dipendenti e collaboratori, di cui all'articolo 95, comma 3 del Tuir, in cui la deduzione è al 100%).
E qui si innesta un altro punto controverso, non affrontato dalle Entrate, sulla possibilità di considerare l'Iva come costo in caso di rinuncia alla detrazione. In base alle regole che presiedono alla disciplina del tributo (articolo 19 del Dpr 633/72 e articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112/Ce) la detrazione è un diritto del contribuente e non un obbligo, talché questi può legittimamente rinunciarvi sopportando l'onere dell'imposta, che a tutti gli effetti parrebbe potersi configurare come una componente di spesa deducibile in base ai principi generali (articolo 109 del Tuir). Questo comportamento potrebbe però essere riqualificato in sede di verifica alla stregua di una rinuncia a un credito liquido ed esigibile (l'Iva, appunto) con conseguente recupero dell'imposta contabilizzata come costo. Pertanto, nell'ipotesi in cui l'Iva non venga consapevolmente detratta, occorre tenere presente il rischio al quale ci si sottopone, sebbene si ritenga che considerare questa voce come un costo sia un comportamento ampiamente giustificabile, stante anzitutto l'impossibilità di attribuire all'Iva rivalsata in fattura la natura di un vero e proprio credito. Qualora si intenda esercitare la detrazione, sarà necessario richiedere al prestatore del servizio l'emissione della fattura, essendo questo l'unico mezzo idoneo a giustificare il recupero (articolo 178 della direttiva 2006/112/Ce). Questo documento dovrà essere intestato all'impresa e recare il nominativo del soggetto che ha materialmente fruito del servizio.

La questione amministratori
Molte domande riguardano le trasferte degli amministratori. Ebbene, occorre anzitutto chiarire la loro posizione all'interno della compagine aziendale, poiché, in virtù dell'esclusione dalla stretta delle fattispecie di cui all'articolo 95, comma 3 del Tuir, se gli amministratori sono inquadrabili fra i collaboratori (come accade nella generalità dei casi), allora i costi dei servizi a questi resi è integralmente deducibile. Il trattamento fiscale dipende pertanto dalla qualifica professionale da essi rivestita.

La rappresentanza
Anche nel nuovo quadro disegnato dal Dl 112/2008, come precisato nella circolare 53/E, continua a rimanere esclusa la possibilità di detrarre l'Iva sulle spese alberghiere e di ristorazione sostenute per motivi di rappresentanza (un caso molto comune è quello dei pranzi o cene di lavoro). La modifica è infatti intervenuta sulla lettera e) dell'articolo 19-bis 1 del Dpr 633/72, mentre la formulazione della lettera h) del medesimo articolo, che regola la rilevanza delle spese di rappresentanza, è rimasta immutata. Quest'ultima disposizione ammette la possibilità di detrarre l'imposta delle sole spese sostenute per l'acquisto di beni (peraltro di valore unitario fino a 25,82 euro) e non anche relative alle prestazioni si servizi.

All'estero come in Italia
Non c'è invece differenza, ai fini delle dirette, fra costi sostenuti nelle trasferte all'estero ovvero in territorio nazionale: anche nella prima ipotesi, se la spesa è adeguatamente documentata, è deducibile secondo i criteri su illustrati. Quanto all'Iva, se la trasferta avviene in territorio comunitario, si può optare per il recupero della stessa con la procedura di rimborso formalizzata nella VIII direttiva (articolo 38-ter del Dpr 633/72), e in questo caso non la si potrà considerare come costo.

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