Il contributo di solidarietà dei commercialisti, nuovamente bocciato dalla giurisprudenza, solleva vibrate proteste dei giovani professionisti. Casus belli l'ennesima decisione della Cassazione (ordinanza 2749/13, depositata il 5 febbraio) che ribadisce il "no" alle trattenute sulle pensioni dei professionisti e riconosce ai pensionati (nel caso specifico un commercialista torinese) il diritto a riavere il contributo che la Cassa di previdenza gli aveva applicato dal 2004 al 2008.
Per la Cassa non è una sorpresa «anche se – commenta il presidente dell'ente Renzo Guffanti – è sconcertante la posizione anacronistica della Suprema Corte. L'applicazione di un contributo di solidarietà era stata decisa per dare un segnale ai giovani – spiega Guffanti – per dire che anche la vecchia generazione, pensionata con il più ricco conteggio retributivo, faceva la sua parte».
La Cassa di previdenza comunque ha già rimborsato a tutti i pensionati, ricorrenti e non, il contributo applicato nel quadriennio 2004-2008. «Tengo a precisare – dice Guffanti – che il contributo interessava solo le pensioni più elevate, dato che sotto i 22mila euro non era previsto. Stiamo parlando di cifre tra 2mila e 4mila euro l'anno per assegni che compresi fra i 50mila e gli 80mila euro». La Cassa comunque non demorde, e grazie alla normativa che dal 2007 ha ampliato le leve a disposizione degli enti privati di previdenza l'assemblea dei delegati ha rinnovato l'applicazione del contributo dal 2009 al 2013. Qualcuno ha già presentato ricorso e i tribunali sul territorio stanno dando sentenze contrapposte. «Quando la questione arriverà in Cassazione – commenta Guffanti – vedremo quale sarà la posizione definitiva. La Cassa, per prudenza, quanto raccolto dal rinnovato contributo non lo mette nell'attivo di bilancio».
Secondo l'Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili la sentenza di martedì scorso «costituisce l'ennesima riprova di una giurisprudenza ancor più sorda e sclerotizzata della politica rispetto un tema cruciale per la coesione sociale, quale quello dell'equità intergenerazionale». E ai pensionati ricorrenti che trovano indigesto il contributo chiedono di mettersi nei loro panni e di provare a calcolare il loro assegno con il metodo contributivo, tanto per capire di cosa stiamo parlando.
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