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Stipendi più leggeri alle professioni rosa

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Venerdí 15 Febbraio 2013


BOLOGNA
La maternità, prima di tutto, che toglie tempo al lavoro. Poi la dimensione degli studi professionali, quasi sempre più piccola rispetto alla media. Infine, ma non certo per importanza, «l'elemento culturale, che incide trasversalmente», dice la consigliera di Parità della Regione Emilia Romagna, Rosa Amorevole. Proprio la Regione, per la prima volta in Italia, ha scoperchiato il vaso delle differenze di reddito tra uomini e donne nelle professioni. Avvocati, medici, commercialisti, ingegneri, veterinari, architetti. Il gender gap varia da un minimo di poco più del 43% tra gli avvocati a un massimo dell'87,74% tra gli psicologi. In nessun caso le donne si avvicinano sensibilmente al reddito medio di un professionista maschio. L'indagine, grazie alla collaborazione delle casse previdenziali, è stata realizzata con ConfProfessioni dell'Emilia Romagna. «Ci siamo focalizzati sulla nostra regione – spiega Amorevole –, ma i dati non si discostano da quelli nazionali: a livello Italia siamo sempre intorno a una differenza media del 50%. Molto spesso è la gravidanza a far perdere clienti a una professionista. A volte è il tipo di attività: tra gli avvocati sono i tributaristi ad avere i redditi più elevati e questa è un'area del diritto dove la presenza femminile è ancora scarsa». Il tema della conciliazione tra lavoro e famiglia ha una dimensione significativa anche per le libere professioniste. Una commercialista guadagna mediamente poco più di 42mila euro all'anno, il collega uomo più del doppio. Un avvocato donna si ferma a circa 30mila euro, l'uomo sfiora i 70mila. Per non parlare degli architetti (in questo caso il divario arriva a superare il 56%) o degli ingegneri (51,62%). Le donne pagano il prezzo di una dimensione media degli studi professionali inferiore a quella dei colleghi e del minore tempo a disposizione per l'aggiornamento costante. Senza contare che per molte l'esercizio dell'attività professionale con partita Iva maschera anche un lavoro di tipo non completamente autonomo, se non, di fatto, parasubordinato. «Inoltre spesso le donne – aggiunge Maria Paglia, presidente di ConProfessioni dell'Emilia Romagna – non hanno un'adeguata percezione del loro valore». E dire che i numeri sulle nuove iscrizioni agli Ordini professionali sembrerebbero confermare una maggiore preparazione delle donne. È il caso degli accessi agli Ordini dei medici e dei veterinari, dove la componente femminile è prevalente. «Stiamo parlando di discipline con una soglia di sbarramento all'università costituita dai test di ammissione» ricorda Amorevole. Una proposta dell'Ufficio della consigliera di parità per ridurre il gap è incentivare il coworking. Ma anche di promuovere le aggregazioni e sostenere la riorganizzazione del lavoro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Venerdí 15 Febbraio 2013
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