ASTI. Dal nostro inviato
Giovani commercialisti riuniti ad Asti per il 51° congresso nazionale. Due giorni, ieri e oggi, su «Fisco e competitività: il giusto equilibrio tra Stato e contribuente nell'Ue». Nel discorso di apertura la presidente dell'Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, Eleonora Di Vona, per prima cosa, ha parlato dei sempre più utilizzati protocolli di qualità: «Dobbiamo stare in guardia dall'eccesso di prestazione: è come fare a un paziente un intervento chirurgico, rispettando tutti i dovuti passaggi, senza considerare che poteva bastare una cura meno invasiva; da questo pericolo il protocollo di qualità non dà alcuna tutela».
Di Vona ha anche fatto riferimento al commissariamento della categoria, deciso a dicembre con decreto del ministro Severino. La situazione del Consiglio nazionale sarebbe paragonabile a quella del Paese, «che però ha avuto un arbitro, il presidente Giorgio Napolitano, di grande equilibrio e pazienza, mentre la nostra categoria ne ha avuto uno, il ministero della Giustizia, di dubbio equilibrio e nessuna saggezza, la cui decisione di annullare le elezioni di ottobre per evitare strascichi giudiziari non ha consentito ai commercialisti di avere un presidente, seppure sub judice».
Il commissario nominato dal ministero, Giampaolo Leccisi, il 3 aprile ha dato dimissioni che ad oggi non risultano accolte. Ieri l'Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili) ha inviato un «accorato appello» ai candidati delle due liste in gara perché lascino la competizione elettorale, ai ricorrenti perché ritirino i ricorsi presentati, ai vertici degli Ordini locali perché individuino, tra i migliori, i futuri rappresentanti della categoria e al ministro perché indìca «immediatamente» nuove elezioni.
Tra gli ospiti di ieri al Congresso anche il presidente della Cassa nazionale di previdenza della categoria, Renzo Guffanti, secondo cui negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli attacchi all'autonomia della Cassa: «Quando si tratta di pagare l'Imu siamo privati e quindi subiamo l'aumento, versiamo l'Ires in quanto attività commerciali, i nostri rendimenti finanziari sono tassati al 20% come se fossimo speculatori; ma siamo obbligati alla spending review perché soggetti pubblici e il risparmio va allo Stato. Quindi siamo costretti a ridurre i servizi agli iscritti».
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