«Chi prende tempo sull'iscrizione d'ufficio alla Cassa forense dei 56 mila giovani teme solo il loro voto». Il presidente dell'Associazione nazionale giovani avvocati, Dario Greco, non crede nella buona fede dell'avvocatura che frena sull'iscrizione d'ufficio alla Cassa per circa 60mila avvocati che non raggiungono il tetto minimo dei 10mila euro di reddito. Un "arruolamento" previsto dall'articolo 21 della legge professionale che afferma la contestualità dell'iscrizione con l'Albo. «I 56mila dovrebbero essere iscritti dal 2 febbraio - spiega Dario Greco -: iscriverli retroattivamente dopo l'adozione del regolamento della Cassa, significa escluderli dall'elettorato attivo, in vista delle votazioni per il rinnovo del comitato dei delegati che si terranno il 18 novembre, anche se certamente saranno chiamati a corrispondere i contributi previdenziali pure per il 2013. L'Aiga è sempre stata favorevole alla contestuale iscrizione, perché la previdenza come l'assistenza, è un diritto costituzionale, oltre che un dovere verso i soggetti più svantaggiati».
Dovere che il presidente Alberto Bagnoli sente di avere nella convinzione che i diritti non siano condizionati al reddito.
Ma sono in molti a chiedere prudenza alla Cassa. Lo fa il presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Nicola Marino, che auspica un confronto, perché l'iscrizione avvenga «senza forzature, con equilibrio, condivisione ed equità».
L'Associazione nazionale forense, considera strumentale un'eventuale corsa all'iscrizione da parte della Cassa forense. «Con l'iscrizione d'ufficio i giovani perdono il diritto alla retrodatazione - afferma il segretario Ester Perifano -. La Cassa ha il tempo per attuare la legge senza danneggiare i diretti interessati e senza mettere in atto forzature, per ampliare la platea elettorale, con l'effetto di modificare gli equilibri all'interno del Comitato dei delegati, favorendo nella nomina del presidente alcuni candidati piuttosto che altri».
Secondo Greco l'ingresso dei giovani non pregiudicherebbe la solidità della Cassa. «Basterebbe dilazionare i contributi dei primi 5-7 anni di professione nell'arco di tutta la vita lavorativa. Sarebbe anche il caso di ridiscutere il calcolo del pro rata per le pensioni. Altrimenti non aiutiamo i giovani ma facciamo demagogia».
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