L'avvocatura raccoglie le forze contro la geografia giudiziaria e raduna all'Ergife di Roma mille persone, compresi cittadini, sindaci e parlamentari.
La platea, riunita ieri dall'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua), toglie la toga e indossa magliette colorate con il nome del tribunale nella black list del ministero e l'avvertimento «io non chiudo». A margine, poi, i vertici delle associazioni di categoria commentano le "bacchettate" dell'Europa sulla riforma forense (si veda il Sole 24 ore del 30 maggio).
Per la politica sono presenti due componenti delle Commissioni giustizia di Camera e Senato, Maria Greco (Pd) e Lucio Malan (Pdl), oltre alla vice presidente del parlamento europeo Roberta Angelilli. Da loro arriva un sostegno trasversale per la battaglia contro i tagli: Malan invita a fare pressione sui capigruppo, Maria Greco si veste da supporter e mette la maglietta rossa del foro di Nicosia. Sposa la causa Roberta Angelilli, anche se con l'occasione ricorda agli avvocati che l'Europa li incoraggia ad assimilare gli studi legali alle piccole imprese. Piace alla platea la scelta del segretario del Cnf, Andrea Mascherin, di paragonare i mille uffici giudiziari ad altrettanti pazienti a cui si decide di togliere il fegato senza fare singole diagnosi.
Il presidente dell'Oua, Nicola Marino, mette sul tappeto anche il problema parametri: «Apprezzo – dice – sia la rapidità con cui il Cnf ha messo a punto il regolamento, sia l'impegno del ministro Cancellieri ad approvarlo in due mesi ma, vista l'instabilità politica, chiediamo che diventi operativo il correttivo». Il suo vice Filippo Marciante torna, invece, sulla geografia giudiziaria per ricordare che le riforme si fanno insieme e non contro.
Fuori dal coro il vice presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Valerio Savio, fischiato quando auspiaca una puntuale approvazione della nuova geografia.
A margine della manifestazione, il presidente della Cassa forense Alberto Bagnoli sposta l'attenzione sui 56mila "sans papier" iscritti all'albo ma non alla cassa, perché sotto la soglia dei 10mila euro. Ora il nuovo Statuto, cancella i riferimenti al reddito e prevede l'obbligo di iscrizione contestuale all'Ordine e alla Cassa, aprendo le porte a chi era rimasto fuori. Un'imbarcata che preoccupa tutti: chi è dentro teme per la tenuta dei conti, chi è fuori per gli oneri d'iscrizione. Bagnoli rassicura: «Stiamo approvando la bozza di regolamento sulle modalità d'ingresso dei 56mila non iscritti alla cassa, il 15 giugno sarà sottoposta agli Ordini per l'eventuale via libera. La tenuta della Cassa non è indiscussione, quello che serve è un meccanismo di ingresso che non penalizzi chi è in difficoltà. Una strada potrebbe essere quella di accentuare alcune agevolazioni già esistenti. Il nuovo iscritto per 5 anni paga meno della metà, si può pensare a una riduzione ulteriore o a prolungare il periodo. La Cassa affronterà anche il tema delle esenzioni temporanee dal contributo minimo in casi particolari».
Manifestazione a parte, gli avvocati, dopo la tirata d'orecchi di Bruxelles si esprimono sullo Statuto. «Non è una legge restrittiva della concorrenza – spiega il presidente dei civilisti, Mauro Menoni –. Con i nostri numeri siamo una categoria aperta: certo la legge non è innovativa, poteva essere più coraggiosa. C'è molto da cambiare: dall'accesso, alla formazione, dalle specializzazioni alla governance».
Una legge a misura di "anziani", secondo il presidente dell'Associazione giovani avvocati Dario Greco. «La riforma non è un passo indietro ma neppure un passo avanti, noi avremmo voluto le società di capitali multiprofessionali. Ci auguriamo che all'ordinamento forense si rimetta mano: tutte le norme di favore sono per gli avvocati più anziani».
Marino difende lo Statuto ma lo vuole correggere. «Avevamo diritto a una legge ad hoc, ora che l'abbiamo avuta, però, vogliamo cambiare gli aspetti che ci penalizzano: accesso, specializzazioni e governance».
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