Ai dottori commercialisti che esercitano l'attività di amministratore di condominio si applicano le norme dell'ordinamento professionale e non quelle per le professioni non organizzate previste dalla legge n. 4/2013. Lo ha chiarito il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che – con una nota dello scorso 20 maggio – ha risposto a un quesito dell'Ordine di Pordenone.
Il Consiglio nazionale ha chiarito, in primo luogo, che l'amministrazione di condomìni non è incompatibile con l'esercizio della professione di commercialista. E ha poi sciolto i nodi legati alla legge n. 4, che ha disciplinato le professioni non organizzate in ordini o collegi – tra le quali rientra quella di amministratore di condominio – imponendo, tra l'altro, ai professionisti non organizzati di fare espresso riferimento alla stessa legge in tutti i documenti e i rapporti scritti con i clienti. Un obbligo – ha chiarito il Consiglio nazionale – che i commercialisti non devono rispettare quando svolgono l'attività di amministratore di condominio, mentre restano soggetti alle «ben più stringenti norme di legge e deontologiche» dell'ordinamento professionale». Inoltre, il Consiglio nazionale ha precisato che i redditi derivanti dall'attività di amministratore di condominio sono di natura professionale, assoggettabili a contribuzione alla Cassa di previdenza di categoria.
Dello svolgimento dell'attività di amministrazione di condomini da parte dei professionisti iscritti agli Albi si è già occupato il Consiglio nazionale forense che, con il parere dello scorso 20 febbraio, ha chiarito che non c'è incompatibilità con la professione di avvocato. La riforma forense (legge 247/2012) ha infatti previsto che la professione di avvocato sia incompatibile con quattro situazioni: il lavoro autonomo, con qualche esclusione per lavori di particolari qualità (scientifico, letterario, artistico); l'attività di impresa commerciale; la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone; e il lavoro subordinato.
Il Cnf, nel suo parere, ha ribadito che il condominio mantiene la natura di «ente di gestione» e non ha «personalità giuridica». L'amministratore svolge una semplice funzione di rappresentanza di condomini, tanto che la loro legittimazione non è persa né affievolita. L'amministratore è mandatario dei singoli proprietari. È escluso, quindi, che l'amministratore realizzi con il condominio un rapporto di lavoro subordinato o di impresa. Il Cnf ha anche escluso che l'attività di amministratore di condominio svolta dall'avvocato possa realizzare una sorta di lavoro autonomo continuativo o professionale. Ciò in quanto il mandato è il normale modo di operare del professionista che abitualmente è incaricato dai propri clienti.
Si attende ora che gli organi degli altri ordini e collegi esprimano il proprio parere sulla compatibilità tra le diverse professioni con il lavoro di amministratore condominiale e che si chiariscano i punti relativi agli obblighi introdotti dalle nuove disposizioni sulle professioni non organizzate.
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