Anche gli anni per i quali l'avvocato non ha pagato interamente i contributi "pesano"sull'anzianità contributiva. Nessuna norma prevede, infatti, che venga annullata l'annualità in cui c'è stato un versamento inferiore al dovuto.
Applicando questo principio la Corte di cassazione (sentenza 26962 depositata ieri) ha respinto il ricorso della Cassa forense che negava a un iscritto, tre anni di anzianità contributiva, su cui non aveva versato integralmente i contributi. I giudici ricordano che, per la legge 141/1992, la pensione di vecchiaia è pari, per ogni anno di "effettiva" iscrizione e contribuzione, all'1,75% della media dei più elevati dieci redditi professionali. Tuttavia il termine "effettivo" non può essere inteso come "integrale", ma come la semplice indicazione dei contributi effettivamente versati. Per il libero professionista non vale, infatti, il principio dell'automatismo tra prestazione e contribuzione e non viene applicata la regola del "minimale" per la pensionabilità, come previsto per i lavoratori dipendenti.
La Suprema Corte chiarisce quindi che gli anni non coperti da integrale contribuzione vanno inseriti nel calcolo della pensione, prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA