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Per le Casse professionali condizioni «capestro»

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Martedí 06 Dicembre 2011

Preoccupate o rassegnate, con i bilanci tecnici da ricalcolare a 50 anni, sono le Casse di previdenza privatizzate con il decreto legislativo 509/1994, che nella maggioranza dei casi applicano il sistema retributivo, a fare i conti con le nuove norme previdenziali del decreto "salva-Italia".
La nuova norma impone alle Casse «l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di 50 anni» (che però non è chiaro siano da calcolare dal 2009, anno dell'ultimo bilancio tecnico o dal 2012). Chi entro il 31 marzo 2012 non si sarà riformato per rispettare il nuovo parametro passerà al calcolo contributivo con pro-rata; e a chi è già in pensione sarà richiesto un contributo di solidarietà dell'1% per gli anni 2012 e 2013.
Inarcassa – l'ente di architetti e ingegneri – raggiunge il saldo previdenziale negativo nel 2033 (mancano 26 anni). «Purtroppo nel decreto non si tiene conto del patrimonio - afferma il presidente, Paola Muratorio - che ammonta a 6 miliardi e che quest'anno ci darà 600 milioni di rendimenti. Una riforma di tale portata richiede tempo che non abbiamo. Ovviamente - conculde la Muratori – faremo ciò che deve essere fatto, ma per i giovani sarà un duro colpo». È preoccupato anche Fausto Amadasi, presidente della Cassa geometri: il calo di lavoro, registrato soprattutto dai profili tecnici, si unisce alle ultime manovre. «Le società tra professionisti – spiega Amadasi – sottrarranno contributi agli enti ed è aumentata la tassazione sulle rendite passata dal 12,5 al 20 per cento».
Difficoltà della crisi colpiscono duramente anche gli avvocati, soprattutto giovani: «Non nascondo – spiega il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli – che per noi sarebbe una stangata, perché implicherebbe un obbligato aumento della contribuzione che in un momento come questo rischia di deprimere ulteriormente i redditi. È un salto troppo lungo senza gradualità. Ma faremo i nostri conti e, nel caso, ci adegueremo».
Enpam (medici) e consulenti del lavoro hanno allo studio riforme che – dicono – permetteranno loro di rispettare i nuovi parametri. Per i primi, un aumento dell'età pensionabile e del contributo soggettivo. Per i secondi, si prevede il passaggio al calcolo contributivo, strada già percorsa nel 2004 da dottori commercialisti e ragionieri. Eppure «Nonostante il varo del contributivo 7 anni fa e di un contributo di solidarietà pagato su base modulare dai pensionati sino al 5% (sino al 7% per chi si è ritirato entro il 2004) – spiega Walter Anedda, presidente della Cassa dottori commercialisti – avremo nel 2033 un saldo temporaneamente negativo. Ma bisogna valutare il patrimonio e i rendimenti. Se no si falsa il reale stato di salute degli enti». Sulla stessa linea Andrea Camporese, presidente dell'Inpgi e dell'Adepp: «Se l'esigenza è avere sempre un saldo tendenziale positivo, senza frenate, dovremmo accumulare riserve immensamente superiori ai 5 anni tuttora previsti per legge. È la sostanziale salute a 50 anni che va appurata, compreso patrimonio, redditi e rendimenti. Se no, non bastano le sanzioni previste dal Governo a superare le gobbe previdenziali». Si discosta Paolo Saltarelli, presidente della Cassa ragionieri: «Il contributivo ha un grande vantaggio: si regge da solo. Ma non può eliminare le sperequazioni che il passato ha generato e riassorbire il debito. Il problema che le Casse si devono porre, però, è quello dell'andamento della demografia e delle stime di richiesta di servizi professionali in un Paese che non cresce e ha un numero di professionisti spesso multiplo rispetto a Francia e Germania».
«Sembra più un pretesto – afferma Gianni Mancuso, presidente della Cassa veterinari – per cogliere in fallo gli Enti e ottenere l'ottima scusa per sottoporli al contributivo ignorandone l'autonomia».
Infine, l'unica Cassa in grado oggi di soddisfare il saldo previdenziale positivo a 50 anni è la Cassa dei farmacisti, grazie a un contributo fisso base di 4.195 euro l'anno e una pensione media intorno ai 9mila euro. «Ma la liberalizzazione delle farmacie – spiegano – avrà sicuramente un impatto sui conti, ora impossibile da quantificare».
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Martedí 06 Dicembre 2011
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