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Ragionieri, non passa la riforma

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Mercoledí 26 Settembre 2012

La riforma della Cassa di previdenza dei ragionieri – che con alcuni "buchi" avrebbe dovuto garantire la sostenibilità dei bilanci nell'arco di 50 anni – non ha passato il voto dell'asseblea dei delegati. Paolo Saltarelli, presidente dell'Ente, è stato messo nell'angolo da una cinquantina di delegati, che al momento del voto ha abbandonato i lavori, facendo venire meno la maggioranza qualificata necessaria per l'approvazione di modifiche allo Statuto. A questo punto, salta la possibilità di rispettare la scadenza del 30 settembre, termine entro il quale la Cassa avrebbe dovuto – come faranno tutti gli altri Enti privati – dimostrare al ministero del Lavoro che il saldo previdenziale è positivo a 50 anni. La riforma disegnata dalla Cassa, che dal 2004 ha adottato il sistema di calcolo contributivo delle prestazioni, avrebbe consentito di avere, più o meno alla fine del periodo considerato, il saldo previdenziale (entrate per contributi e uscite per prestazioni) e il saldo gestionale (a cui concorrono anche i rendimenti) in "nero". Nello stesso tempo il patrimonio continuerebbe a essere tale da garantire la copertura di cinque annualità delle prestazioni correnti.
Ora la situazione cambia radicalmente e per la Cassa si apre una prospettiva di grave incertezza. «Scriverò ai ministeri vigilanti, in particolare a Elsa Fornero» spiega a mezza voce Paolo Saltarelli, presidente della Cassa. Saltarelli ammette: «Non so cosa succederà ora». In base al decreto legge 201/2011 le Casse che non dimostrano la sostenibilità a 50 anni passano, dal 1° gennaio 2012, al metodo di calcolo contributivo e devono applicare per due anni un contributo di solidarietà dell'1% ai pensionati. Quanto al metodo di calcolo contributivo, si potrebbe pensare che la misura non abbia senso per i ragionieri, in quanto già sono soggetti a questo sistema per la determinazione degli assegni previdenziali. Tuttavia, il contributivo di cui parla il Dl 201 potrebbe essere quello applicato nel sistema pubblico, che, per esempio, porta con sé un requisito anagrafico elevato: gli uomini e le donne (quest'ultime del settore pubblico) possono andare in pensione, di norma da quest'anno, con 66 anni di età. A questo si aggiunga il progressivo innalzamento dell'età anagrafica in base alla speranza di vita.
Per capire il destino della Cassa occorrerà attendere le decisioni del ministro Fornero.
Santarelli esclude dimissioni. «Non voglio prendere decisioni affrettate. Ho il sostegno della maggioranza dei delegati, anche se manca quella dei due terzi. In questa occasione ha forse pesato anche la scadenza elettorale per il Consiglio nazionale. Chi ha fatto mancare il proprio voto chiede, a fronte dei sacrifici, certezze nei flussi demografici. La realtà è che abbiamo 250 ingressi l'anno, compresi i vecchi ragionieri reiscritti anche se pensionati. Non credo che saremo lasciati soli, condannati a non avere nuove leve, ma per ora dobbiamo fare in conti con questa situazione. Quanti hanno mandato all'aria la riforma non hanno certo fatto il bene della collettività professionale». Insomma, per Saltarelli si tratta di una posizione strumentale o irrazionale. La conseguenza sarà, ben che vada, una Cassa ad autonomia limitata.
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I punti principali della riforma bocciata
01 | Il contributo soggettivo
La riforma proposta avrebbe dovuto portare un aumento del contributo soggettivo, oggi compreso tra l'8 e il 15%. Il contributo soggettivo sarebbe dovuto aumentare in maniera graduale fino ad attestarsi nel 2018 al 15% minimo e al 25% come aliquota massima. Nello stesso tempo anche il massimale su cui calcolare la contribuzione sarabbe stato incrementato fino a 100mila euro

02 | Il contributo integrativo
Dal 2013 il contributo integrativo minimo sarebbe stato ridotto a 758 euro: i giovani, con redditi bassi, avrebbero potuto risparmiare circa mille euro. In via ordinaria, il contributo integrativo è pari al 4%

03 | I requisiti per la pensione
Per la pensione di vecchiaia, con il calcolo misto retributivo-contributivo, erano previsti a regime 68 anni di età e 40 anni di contributi. L'innalzamento dei requisiti era delineato in maniera graduale, a seconda della data di nascita. Per i nati fino al 31 dicembre 1947 erano previsti 65 anni di età e 30 di contributi, per i nati nel periodo 1948-1949 erano fissati 66 anni e 31 di contributi e così via: i requisiti a regime - 68 anni di età e 40 di contributi - sarebbero toccati ai nati dal 1° gennaio 1963. La pensione anticipata calcolata con il solo contributivo stabiliva 62 anni di età e 20 di contributi

04 |La perequazione
La perequazione, cioè l'adeguamento della pensione all'inflazione, era garantita a 100% per la quota contributiva. Mentre sulla quota calcolata con il retributivo il 100% di perequazione era garantito solo fino all'importo della pensione sociale Inps

05 |Il contributo di solidarietà
La riforma prevedeva un contributo di solidarietà fino al 5% per le pensioni . Il contributo avrebbe dovuto essere applicato per tre anni. L'aliquota era definita in modo graduale, in base all'importo delle pensioni: escluse da qualsiasi prelievo le pensioni fino a circa 12.500 euro, il 5% (cioè il massimo) sarebbe stato applicato solo oltre i 37.481 euro. Anche le pensioni liquidate nel triennio 2013-2015 sarebbero state colpite dal prelievo

Mercoledí 26 Settembre 2012
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