risponde Marco Liera www.youinvest.org
L'impiegato pubblico 55enne punta a integrare il reddito Ho 55 anni, sono un impiegato pubblico con 36 anni di servizio, possibile pensione a 62 anni con oltre 40 anni di lavoro (salvo ritocchi), casa di proprietà già pagata, vedovo con un figlio di 29 anni laureato ma ancora non entrato definitivamente nel mondo del lavoro. Per alcune dismissioni mi ritrovo con un capitale di 120mila euro. Sento parlare di portafogli diversificati e sto cercando di capirci qualcosa ma non vorrei rischiare troppo.
Vorrei mantenere il capitale e possibilmente investirli in modo che possano rendere quel tanto da integrare il mio magro stipendio, dare una mano a mio figlio e dargli il tempo di entrare nel mondo del lavoro. Un po' come tutti mi fido della banca ma mi è parso che faccia più gli interessi personali che quelli del cliente.
Attualmente ho il tutto su due conti correnti: uno UniCredit e uno Barclays per quel 3% Plus, con la quale ho anche aperto un deposito titoli (totale 52mila euro) così suddiviso:
- 10mila euro, BTp in scadenza nel 2015 al 4,25%;
- 13mila euro, BTp in scadenza nel 2018 al 4,50%;
- 13mila euro, obbligazioni Banca Imi (step-up) in scadenza nel 2016;
- 6mila euro, fondi Carmignac Patrimoine E;
- 4mila euro, fondi Schroders-Sicav-Sisf euro bond B;
- 6mila euro, conto corrente con interesse fino al 2014 del 3 per cento.
Avrei pensato di sistemare il resto, attualmente depositato su UniCredit, mettendolo su due conti di deposito a 12 mesi. Cosa ne pensate?
Lettera firmata - (via e-mail)
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- Anche il suo è un caso di prolungamento forzato dell'orizzonte temporale di mantenimento del figlio, comune a un numero imprecisato di suoi coetanei. La sua situazione patrimoniale e reddituale non è florida ma non è neppure precaria. In fin dei conti, uno stipendio - sia pur «magro» come dice lei - è sicuro di percepirlo fino a 62 anni ed è pure certo di poter contare su una pensione. Poiché non ha debiti e non ci sono altri familiari a carico oltre a suo figlio, la missione che si prefigge non è impossibile. L'unico dubbio è quello relativo all'integrazione dello stipendio: ciò probabilmente significa che non riesce ad accantonare risparmi ma occorrerebbe quantificare con maggiore precisione la rendita integrativa che lei ritiene necessaria. Perché è importante specificare se le sue esigenze di integrazione reddituale presente e future possano essere soddisfatte senza erodere il suo capitale in termini reali (ossia tenuto conto dell'inflazione) oppure - in subordine - senza eroderlo in termini nominali.
Come ho già avuto modo di rispondere a lettori che mi avevano posto questioni analoghe alla sua, quando si tratta di aiutare economicamente i figli oltre un'età "accettabile" (diciamo oltre i 25 anni), occorre in ogni caso stabilire a quali condizioni ed entro quali limiti questo mantenimento sarà assicurato. Per esempio, occorre precisare se suo figlio dovrà dimostrarle che sta effettivamente facendo di tutto per trovare un lavoro al fine di poter continuare a contare sul suo aiuto. Queste condizioni sono molto importanti a beneficio della chiarezza nei vostri rapporti e anche per esigenze di pianificazione dei fabbisogni finanziari futuri.
Alla luce dell'incertezza su questi fabbisogni non credo si possano suggerire soluzioni di investimento nettamente migliori di quelle che lei ha individuato. Lei infatti sta correttamente puntando a proteggere il suo benessere con investimenti a rendimento certo e dotati di flussi cedolari. Potrebbe inserire strumenti a rendimento certo reale, come i Buoni postali indicizzati all'inflazione e/o titoli di Stato inflation linked, che credo siano prioritari rispetto ai conti di deposito (che le assicurano invece un rendimento nominale). Per proteggere il suo benessere una ulteriore diversificazione (per esempio su più valute e/o emittenti meno redditizi ma più sicuri di quelli attuali) può essere perseguita, ma non mi sembra prioritaria.
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Polizze, gestioni separate e riserve matematiche
Su «Plus24» del 28 gennaio scorso, escludendo comprensibilmente le polizze unit linked (che investono in fondi sottostanti senza quindi offrire garanzie sul capitale), si chiarisce come le gestioni separate raccolgano tradizionalmente i premi in riserve del tutto, e non a caso, indipendenti dal patrimonio societario della compagnia assicurativa. Queste riserve "matematiche" hanno come ragion d'essere proprio la possibilità di svincolare i risparmi accantonati dalle comprensibili oscillazioni del mercato azionario e, soprattutto, prescindere da eventuali default degli emittenti (Stati o società) le obbligazioni sottostanti. Perché si mette in dubbio questo che è un assunto? Perché, in caso di fallimento della compagnia e contemporanee quotazioni svantaggiose dei sottostanti, si ipotizza il mancato recupero del capitale investito?
Massimo Zaccareo - (via e-mail)
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