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Sabato 20 Ottobre 2012

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- Dal 2008, spiega la società di consulenza indipendente JC&Associati, molte certezze date per immutabili sui mercati sono state messe in discussione. Dal fallimento di Lehman in poi, infatti, gli operatori e i risparmiatori hanno toccato con mano che alcuni assunti dati per scontati in realtà non lo sono più. Dopo l'estate del 2011 la crisi del debito esplosa in Europa ha mostrato che non soltanto i Paesi emergenti ma gli stessi Stati dell'eurozona possono essere soggetti a una ristrutturazione del debito pubblico (si veda Grecia) e come tali apportare perdite in conto capitale nei portafogli degli investitori. Come ricorda il lettore il patrimonio delle gestioni separate è cosa distinta da quello della società stessa che lo amministra e che lo garantisce, ma oscillazioni del mercato particolarmente sfavorevoli possono potenzialmente generare perdite anche sulle polizze cosiddette garantite. Vediamo di capire come.
La garanzia di rendimento delle polizze è offerta dalla società stessa che la amministra e che, in caso di oscillazioni contrarie del mercato, compensa il patrimonio gestito con apporti provenienti dalle riserve matematiche (in pratica il patrimonio della compagnia che deve garantire i futuri impegni). Non dimentichiamoci però di una variabile molto rilevante nel calcolo dei rendimenti delle polizze; ovvero che nella maggior parte dei casi la valorizzazione degli asset in patrimonio è fatta al costo storico, operazione perfettamente lecita fino a che l'asset non viene venduto ma che permette una valorizzazione contabile diversa (spesso migliore) da quella di mercato.
Supponiamo che a causa di scenari particolarmente incerti una società venga inondata di richieste di rimborso e si trovi ad affrontare raccolta negativa. Per ottemperare alle richieste dei clienti la compagnia è costretta a liquidare una cospicua parte dei suoi asset a prezzi di mercato. Se questi ultimi risultano particolarmente penalizzati i realizzi saranno inferiori ai livelli di acquisto (e quindi non garantiranno il rendimento minimo garantito) e dovranno essere pertanto integrati dalle riserve matematiche. Almeno dal punto di vista teorico, anche le riserve matematiche potrebbero non essere sufficienti oppure potrebbero a loro volta essere state investite in asset tradizionalmente sicuri come i titoli di Stato, successivamente divenuti molto volatili, soprattutto se hanno una vita residua piuttosto lunga.
In un contesto particolarmente "stressato" delle variabili finanziarie è facile quindi intuire che la stessa compagnia potrebbe teoricamente non essere in grado di ripagare a tutti ciò che inizialmente ha garantito. Per questo motivo, in caso di mercato molto avverso (pur nella separatezza dei patrimoni) i prezzi di realizzo degli asset potrebbero non garantire la restituzione dell'intero patrimonio e quindi nemmeno del rendimento minimo garantito a esso associato. L'eventualità di uno scenario simile è largamente improbabile ma comunque teoricamente possibile.

Il ragioniere fai i conti per andare in pensione

Ho versato 559 settimane di contributi all'Inps quale lavoratore dipendente e, dal 27 gennaio 1988 (quindi 25 anni a fine 2012), alla Cassa ragionieri. Ho maturato gli anni sufficienti per la pensione (nel qual caso valuterei di cancellarmi dalla Cassa ragionieri perché gli incassi non coprono quasi le spese)? Sento parlare di totalizzazione e ricongiunzione: sono istituti cui converrebbe che accedessi? Quando andrò in pensione? Il totale di 559 settimane di contributi versati all'Inps corrisponde a 11,65 anni versati (cioè 4 settimane x 12 mesi = 48 settimane anno da cui 559 : 48 = 11,65)?

Lettera firmata - (Montermurlo, Prato)

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- Per calcolare l'anzianità lavorativa maturata, spiega la società di consulenza indipendente Consultique, l'Inps (Istituto nazionale di previdenza speciale) considera l'anno di 52 settimane. Al nostro lettore (che ha maturato 559 settimane utili sia al diritto, sia al calcolo) gli saranno dunque riconosciuti come dipendente 10 anni e 39 settimane, ossia 10,75 anni e non 11,65 come calcolato dallo stesso lavoratore. Mediante l'istituto della totalizzazione (legge 42/2006) il lavoratore con contributi versati in due o più gestioni pensionistiche (nel caso specifico Cassa di ragionieri più quelli per lavoro dipendente) può cumulare i corrispondenti periodi contributivi, purché non coincidenti, per il perfezionamento dei requisiti previsti per la liquidazione della pensione di vecchiaia, di inabilità e ai superstiti. I requisiti richiesti sono almeno 20 anni di contribuzione complessiva e 65 anni di età (maschi/femmine) oppure 40 anni di contribuzione complessiva a prescindere dall'età. Dunque, in caso di totalizzazione anche dopo la riforma restano i requisiti dei 65 anni e 40 anni con relativo adeguamento alla speranza di vita e finestra di uscita di 18 mesi (circolare Inps n. 35 del 14 marzo 2012).
  CONTINUA ...»

Sabato 20 Ottobre 2012
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