La quota retributiva tutela la posizione previdenziale già maturata e appartiene al patrimonio di ciascun assicurato come diritto per effetto della contribuzione versata. Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza 18479/2012.
In base a questo princpio la Cassa dei ragionieri è stata condannata a rideterminare il trattamento pensionistico nei confronti di un iscritto che si era visto determinare la quota retributiva, per le anzianità maturate fino al 2003, con riferimento alla media degli ultimi 24 redditi professionali annui invece del regime di miglior favore previgente, che stabiliva il calcolo sulla media dei 15 redditi professionali annui più elevati nell'arco del ventennio precedente la maturazione del diritto a pensione.
La Cassa aveva, infatti, recepito la riforma Dini (articolo 3, comma 12) nel proprio ordinamento stabilendo criteri meno favorevoli nella determinazione della pensione retributiva.
Secondo la Corte di cassazione ciò non vuol dire che ci sia un diritto quesito alla pensione calcolata secondo un più favorevole criterio previgente ma neppure, al contrario, che l'assicurato abbia solo una mera aspettativa nel vedersi riconoscere la pensione. Esiste una soglia minima di garanzia, definita "forte", corrispondente alla posizione previdenziale già maturata nel corso della vita lavorativa che, a fronte della contribuzione versata, corrisponde a una sorta di maturato previdenziale che non può essere sterilizzato neppure dalle Casse dei liberi professionisti.
Con la legge 296/2006 il legislatore, modificando la riforma del 1995, ha stabilito che tali Casse nell'esercizio del loro potere regolamentare tengano presente il principio del pro rata contributivo nonché criteri di gradualità e di equità fra generazioni.
La sentenza, però, potrebbe ora, dopo il giudizio di rinvio, aprire la strada, qualora ve ne siano le condizioni, a richieste di rimborso da parte di altri iscritti che si trovino nelle stesse condizioni del ricorrente premiato dalla Cassazione.
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