«Quando entra un cliente ci alziamo in quattro, è una lotta con il coltello, di questi tempi non è facile». Antonello è un venditore Fiat, lavora in un concessionario alla periferia di Milano e il suo caso è la sintesi del momento di profonda crisi per il settore. Con un mercato ripiombato ai livelli di 50 anni fa, quasi dimezzato rispetto ai livelli pre-recessione, a pagare dazio è l'intero comparto, dai costruttori all'indotto diretto, per finire proprio con i concessionari, ultimo anello della catena, con un effetto immediato nelle buste paga dei venditori. «Per gli addetti alla vendita che sono lavoratori dipendenti – spiega il presidente di Federauto Filippo Pavan Bernacchi – la parte legata alle provvigioni può arrivare anche al 35% del totale mentre per gli agenti con contratto Enasarco si sale fino all'85% ma le situazioni sono molto variegate ed è difficile fare delle medie. Certo, per tutti la crisi significa stipendi ridotti,e stiamo parlando di 178mila addetti nel settore». Nel caso di Antonello, per ogni Fiat venduta c'è una provvigione base legata al “ferro” di 50-60 euro, che può tuttavia raddoppiare o triplicare in caso di vendita di servizi accessori, come il finanziamento o l'assicurazione. In busta paga si ritrova oggi 3-400 euro in meno «e meno male che ora c'è la 500L – spiega – almeno un poco di movimento in questi giorni si vede».
«Quanto ci rimetto? Direi 300 euro al mese – spiega un altro addetto di un punto vendita Skoda - anche se poi molto dipende da come vengono tarati i target».
Sulla fascia alta di mercato il colpo è anche più forte e per Enzo Zarattini, presidente dei concessionari Bmw in Italia, rispetto ai tempi d'oro in busta paga i venditori dipendenti incassano anche 400 euro netti in meno. «Prima della crisi – spiega – allo stipendio lordo di 1.700 euro si aggiungeva un bonus che poteva arrivare anche a 1.500 euro al mese, sceso oggi a 700 euro».
L'impatto maggiore è però per i venditori con contratto di agenzia, che in media ricevono una provvigione dello 0,5% sul valore del venduto, servizi inclusi. «Un buon agente – racconta l'imprenditore Piero Mori che gestisce un multimarca a Pavia – prima della crisi poteva portare a casa anche 5mila euro al mese mentre oggi se ne trova in tasca mille in meno. Per il dipendente, invece, i mancati introiti sono nell'ordine dei 3-400 euro al mese, su una busta paga però di 1.500-2.000 euro netti».
Piero Carlomagno guida l'associazione dei concessionari Fiat e nella sua azienda i venditori sono solo agenti, «i dipendenti di questi tempi non possiamo permetterceli». A suo avviso i venditori un tempo arrivavano a 60mila euro lordi all'anno, oggi scesi a 37-40 mila, «considerati i costi, praticamente il loro livello di sussistenza».
Qualcuno resiste con l'officina e segnala un aumento delle riparazioni dell'usato ma anche questo trend non è affatto omogeneo. «Ai tempi d'oro qui fuori la mattina avevo dieci vetture in coda – spiega Alberto Fiorentini di Citroen – mentre ora non succede mai. I margini tengono solo perché crescono le riparazioni a carico del cliente ma tutti cercano di rinviare il possibile: se i freni vanno si tengono, e l'olio si cambia quando capita».
La crisi di vendite, per Federauto, si traduce in continue chiusure e la stima è di arrivare a fine anno con 3.265 imprese, 600 concessionarie in meno rispetto a cinque anni fa. Sembrano numeri, finché non si tocca con mano il problema. «Per piacere lasciamo perdere – taglia corto allontanandoci il titolare del concessionario Opel-Chevrolet nell'hinterland di Milano – ormai la decisione è presa, a fine anno qui si chiude».
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