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Il tesoro dell'Enpam, la trasparenza e la cura

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Giovedí 15 Marzo 2012

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Beh, almeno una volta esembra essere avvenuto. A dirlo sono gli stessi atti citati sopra. A chi gli aveva fatto notare che un investimento da lui promosso in Enpam era stato l'acquisto di quote di Dgpa Capital, fondo da lui stesso creato, il professor Dallocchio ha ribattuto così: «Dgpa è la mia società di consulenza, che nasce nel 1991 con tre colleghi universitari, Girardi, Pieroni e Avanzini - la D sta evidentemente per Dallocchio. Si tratta di una società (…) che ha dato origine a un fondo di private equity che si chiama Dgpa Capital (…) Io ho rappresentato con molta chiarezza qual era la situazione, dicendo che la società era a me riconducibile e che ritenevo che si trattasse di un investimento interessante. Altrimenti non ci avrei messo i miei denari… Questa è una situazione che nel mondo bancario è del tutto normale perché quando Montepaschi di Siena dà denari a un senese o San Paolo Imi (quando esisteva) dava denari a un torinese che magari sedeva nel Consiglio di amministrazione, lo faceva nella contezza del fatto che si trattava di una persona ragionevolmente affidabile altrimenti non sarebbe stata membro di quel Consiglio. Vi fu un momento nel quale il presidente (Eolo Parodi ndr) mi disse «Maurizio, ma secondo te è una buona idea che Enpam investa in Dgpa Capital? Forse non è il caso di fare un passo indietro?» Risposi al Presidente: «Sono talmente convinto della correttezza, della solidità di quello che stiamo esaminando che se l'Ente in questo momento non facesse seguito al suo impegno di sottoscrizione, probabilmente sarebbe come ammettere di aver seguito un percorso non corretto. Vi assicuro che sotto il profilo formale e sostanziale, almeno sulla base della mia esperienza, un'operazione fatta in questo modo è corretta». Forte di questa sua assicurazione, Enpam ha impegnato 20 milioni in Dgpa Capital (investendone per ora circa 18).
Ancora oggi, il professor Dallocchio non ritiene di aver fatto alcunché di inappropriato. Anzi. «Ricordo che nell'ambito delle fondazioni non c'è nessuna regola di controllo. Per cui, più trasparente e aperto di così non si poteva essere. E su quella decisione mi sono astenuto».
Comunque sia, nel sottoscrivere quote del fondo Dgpa, Enpam si è indirettamente impegnata a pagare una management fee del 2,5% alla società di gestione del risparmio fondata dal suo stesso consiglier esperto. Come recita il contratto, in carico al fondo (quindi ai suoi sottoscrittori) sono inoltre «i costi relativi all'istituzione e promozione del fondo determinati forfettariamente in misura pari all'1% del totale del patrimonio (…) gli oneri relativi agli investimenti e ai disinvestimenti delle attività del fondo (…) i costi di stampa dei documenti destinati ai partecipanti (…) le spese di convocazione e tenuta delle riunioni dell' assemblea dei partecipanti e dell' Advisory committee (…) le spese di revisione della contabilità e dei rendiconti». Tutte commissioni o spese ritenute da addetti ai lavori consultati da Il Sole 24 Ore «estremamente elevate». Che nel 2010 hanno permesso a Dgpa di registrare "commissioni attive" per 3,3 milioni.
Durante i 17 anni di mandato di consigliere esperto del professor Dallocchio, Enpam ha realizzato una dozzina di operazioni in cui la svizzera Gdp ha partecipato in qualità di advisor delle controparti bancarie. Per un controvalore iniziale complessivo di 667 milioni di euro. Tra i direttori e soci di Gdp c'è Romano Binotto, ex presidente di Bell, la scatola lussemburghese che permise la scalata a Telecom da parte di "Chicco" Gnutti, il finanziere bresciano da sempre vicino a Maurizio Dallocchio (che è tra l'altro stato presidente del collegio sindacale di Fingruppo, il maggiore azionista di Hopa, la società fondata da Gnutti). «Non so chi sia Binotto… non ce l'ho in mente», ci dice oggi il professor Dallocchio.
Un cognome che invece sicuramente conosce, e che è anche emerso nelle operazioni finanziarie di Enpam, è quello di Michele Calcaterra, suo allievo, amico e collega in Bocconi. La sezione "La famiglia di Dgpa", in cui il sito della società fondata dal professor Dallocchio presenta «quei professionisti che, avendo collaborato con noi per un periodo di tempo significativo, consideriamo parte della nostra storia», riporta anche il nome di Calcaterra. Dicendo: «Con Michele (…) la collaborazione è continuata dinamica e vorticosa fino a quando è stato chiamato a cariche di vertice (…) in E.Capital Partners». E quest'ultimo è un nome emerso anche in operazioni di investimento fatte dall'Enpam.
Una "lettera-esposto" inviata al Cda di Enpam da un medico di Lucca parla per esempio di fee riconosciute a una sussidiaria di E.Capital Partners in un'operazione sul titolo Xelo. Calcaterra è stato poi autore della "valutazione etica" dei titoli Anthracite, un veicolo finanziario garantito da Lehman Brothers finito nell'occhio del ciclone dopo il fallimento della banca d'investimento newyorkese.
«Non sapevo neanche che Calcaterra avesse fatto la valutazione di Anthracite», ci dice il professor Dallocchio. E subito aggiunge:«Anthracite mi risulta sia un investimento fatto da molti operatori. E non mi risulta che sia stato particolarmente negativo come risultati complessivi». Beh, dipende che cosa si intende per "particolarmente negativo": su 45 milioni investiti, Enpam ne ha infatti persi dieci.
L'affiatamento tra Dallocchio e l'Enpam comincia a venire meno proprio in occasione della crisi scoppiata dopo il crack di Lehman, lo sponsor della sua cattedra alla Bocconi. Qualcuno in Enpam comincia allora a notare un fatto fino a quel momento ignorato: che l'altro consulente di Enpam a cui era affidata l'analisi ex post degli investimenti, Mangusta Risk, aveva spesso storto il naso su alcune scelte avallate da Dallocchio.
  CONTINUA ...»

Giovedí 15 Marzo 2012
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