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Ciampi: da «precario» al vertice di Bankitalia

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25 SETTEMBRE 2009

«Tanto più potere hai, tanta più autonomia hai, tanto più devi prenderti delle responsabilità e devi renderne soprattutto conto. Accountability, dicono gli inglesi». Nell'intervista «più difficile della mia vita» rilasciata all Archivio di stato, l'amico Stefano Rodotà nelle vesti dell'intervistatore, il presidente emerito della repubblica Carlo Azeglio Ciampi lascia alla memoria collettiva un testamento di grande statista. Una lezione di stile e di contenuto, resa da un governatore della Banca d'Italia che ha saputo anche dimettersi due volte (nonostante lo statuto gli consentisse all'epoca l'incarico a vita), chiamato improvvisamente da Oscar Luigi Scalfaro a guidare il paese nel periodo del parlamento inquisito (Mani Pulite 1993) prima di diventare Presidente della repubblica nel 1999.

La video intervista a Ciampi («cominciai da avventizio provvisorio, anche se all'epoca non si parlava di precari, ne uscii governatore 47 anni dopo»), presentata ieri sera al Palazzo gotico nell'ambito del Festival del diritto di Piacenza, svela aneddoti curiosi degli anni difficili di quell'Italia, ma soprattutto il profilo di uno statista che, sue parole, pone l'istituzione al di sopra dell'individuo.
Un rigore morale, prima ancora che istituzionale e ormai così fuori moda, sottolineato da Ferruccio de Bortoli moderatore dell'affollato incontro, e ripreso poi da Giuseppe Guarino – giurista e già ministro nel governo Amato – e da Marcello De Cecco, ordinario di storia della finanza alla Normale di Pisa: «Ciampi ha saputo fare il banchiere monarca, come era giusto e doveroso facesse, poi il presidente del Consiglio e quindi il presidente di tutti. Ha mostrato un senso delle istituzioni, diciamo così, non comune».
La memoria porta ai primissimi anni '80, conflittuali e difficili forse più ancora di oggi, dove già si parlava di pubblico e privato del sistema bancario, sostenitori e non delle privatizzazioni. Dice Ciampi: «Insistetti sul punto di non fare distinzioni: la banca è impresa, sia essa pubblica o privata, le regole sono le stesse, gli obiettivi sono gli stessi. Anche se è banca pubblica, non serve a favorire enti pubblici, ma deve comportarsi come banca privata».
(A.Gal.)

25 SETTEMBRE 2009
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