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Festival Diritto Piacenza 2009

 
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Dalla Costituzione la guida al rapporto pubblico-privato

dall'inviato Alessandro Galimberti

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25 settembre 2009

PIACENZA - Pubblico o privato, supremazia dello stato o prevalenza della persona, uguaglianza estrema o cultura del privilegio. La soluzione al dilemma che ha accompagnato la civiltà europea dai giacobini a tutto il ‘900 in realtà è codificata da 60 anni, dentro la Costituzione italiana: nessuna lotta di pesi o di ideologie – statalismo contro liberismo, programmazione contro mercato, stato contro individuo - ma invece un meccanismo di contrappesi dinamici per evitare lo sviluppo di poteri smisurati, politici ma anche economici, pubblici ma oggi soprattutto privati, che possono mettere a rischio i diritti fondamentali della persona.

Nella giornata inaugurale del Festival del diritto di Piacenza, manifestazione che per quattro giorni trasforma la cittadina emiliana in un laboratorio di pensiero politico e giuridico, l'ex presidente dell'authority per la privacy Stefano Rodotà e Maurizio Fioravanti, ordinario di Storia delle costituzioni a Firenze, riportano la Carta fondamentale al centro del dibattito sulla grave crisi economica e sociale.
L'approccio però non è quello semplicistico, tradizionale, e attualizzato tra l'altro dal momento storico degli Usa, su quale strada prendere dopo che il mercato ha fallito, se tornare a più regole, a più Stato o seguire fino in fondo la china del crac, che ha rappresentato anche il fallimento di una parte delle istituzioni. Anche se figlia di un momento storico particolare, che purtroppo è molto simile alla congiuntura di questo inizio secolo, la Costituzione ha in sé i cardini per guidare la ricostruzione del tessuto sociale ed economico del Paese: basta saperla leggere, anzi, come dice Fioravanti, «interpretare».
«L'utilità sociale della proprietà privata, vista per molto tempo come una deviazione statalista (tanto più se contestualizzata agli anni '30 e '40 che partorirono la Costituzione) va oggi piuttosto considerata come regola per il potere pubblico, e come rivolta al benessere e ai diritti della persona – ha detto Fioravanti – Quindi la proprietà privata deve essere limitata solo se reca pregiudizio ai cittadini».

Un discorso insidioso questo, in ogni caso, perchè tocca al cuore il problema delle democrazie occidentali: garantire a tutti condizioni di benessere minimo e imprescindibile, su cui costruire il concetto di cittadinanza e prima ancora di dignità. Da questo presupposto in poi, dice Fioravanti, la Carta contiene tutti gli strumenti per regolare il rapporto tra pubblico e privato, e per dimensionarli reciprocamente: quando dice che i diritti della persona sono inviolabili, non si riferisce più e soltanto all'azione dei governanti fissando i limiti per l'arresto, per esempio, ma anche e soprattutto è un monito per i poteri nel frattempo trasferiti ai privati. Non più solo l'Habeas corpus conquistato 800 anni fa, ma, attualizzando, il diritto della persona ad essere difesa dall'inquinamento ambientale, spesso messo in atto da privati e che pregiudica la fruizione di diritti fondamentali, a cominciare da quello alla salute.
Il dibattito sulla Costituzione più o meno statalista, secondo punti di vista e interessi di parte, oggi va letto in un ottica nuova, e sulla quale si va ispirando anche la Carta europea dei diritti fondamentali: non c'è più spazio per un legislatore onnipotente – quale fu la democrazia estrema del periodo giacobino – ma ciò non significa campo libero per lo sviluppo di poteri privati forti, incontrastati e incontrastabili. Non solo nell'usurpazione della politica, ma anche in campo economico e mediatico. «La Costituzione italiana – ha concluso Fioravanti – diffida del primato del pubblico sul privato, ma allo stesso modo ripudia la condizione opposta, se il prezzo da pagare, ora come allora, è il sacrificio dei diritti individuali».

25 settembre 2009
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