Raccontano a Modena che qualcuno abbia sorriso, leggendo per la prima volta l'intesa sul piano casa. «Qui non si inventa niente!», si diceva (e forse si dice ancora) tra gli addetti ai lavori. Complice l'autonomia locale in materia di edilizia, la possibilità di ingrandire le villette esiste già da qualche anno.
Il caso modenese non è isolato, ma merita di essere raccontato per capire come ci si arriva, tramite l'incrocio di vari livelli regolamentari: il Psc (piano strutturale comunale, equivalente emiliano del piano regolatore generale), il Poc (piano operativo comunale, che dice "dove" e "quanto" si può costruire) e il Rue (regolamento urbanistico edilizio, che indica "come" costruire).
Il comune di Modena non stabilisce una volumetria o una superficie edificabile. Pianifica e individua, invece, per ogni ambito territoriale la capacità insediativa espressa in numero di alloggi, indicando la superficie utile massima di ogni unità (ad esempio, 100 metri quadrati).
Fin qui, niente di clamoroso. Anche perché chi costruisce tende sempre a sfruttare tutto lo spazio realizzabile. Ma per le costruzioni mono o bifamiliari non viene prevista una metratura massima. «Per questo tipo di edifici l'ampliamento era già possibile da una decina d'anni, sia in sopraelevazione che in orizzontale», spiega Alessio Ascari, a capo del servizio comunale trasformazione edilizia. «Ferme restando ovviamente – prosegue – le regole fissate dal codice civile e le norme igienico-sanitarie».
Il ricorso all'ampliamento, in passato, a Modena è stato piuttosto limitato, forse anche perché non poteva essere usato per creare nuove abitazioni. La legge regionale 6/2009, però, potrebbe allargare la platea degli interessati: permette di ingrandire anche gli edifici plurifamiliari con superficie utile lorda non superiore a 350 metri quadrati; e consente di realizzare nuove abitazioni con l'ampliamento, purché siano almeno di 50 metri quadrati e siano destinate per almeno dieci anni alla locazione a canone calmierato.