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L'architetto globale ha un cuore hi-tech

di Giorgio Santilli

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26 novembre 2009

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Tra innovazione e chiusura il confine è labile. In mezzo c'è una burocrazia che rifiuta investimenti esteri e paralizza il sistema Italia, mentre l'università non insegna ai giovani nulla sulle nuove tecnologie che risulti utilizzabile nel mondo del lavoro. «Ormai solo il 10% dei miei collaboratori è italiano», dice con amarezza Thun.
Eppure è chiaro che si potrà vincere (o resistere) solo innovando. Thun ha appena prodotto la prima certificazione ambientale per gli immobili turistici, ClimaHotel, in collaborazione con ClimaHouse e le Università di Monaco, Harvard e Bolzano. I pilastri sono proprio quello ecologico, economico e socio-culturale. Una via per tradurre i vincoli in opportunità.
«Il mestiere dell'architetto sparirà nei termini in cui lo conosciamo da anni. Gli unici che sono in grado di vincere questa sfida di semplificare la complessità sono gli architetti trentenni che dimostrano grande conoscenza dei sistemi sintetici di informazione e una grande capacità di dialogare all'interno di un gruppo complesso». Una «generazione Internet, attiva soprattutto in Olanda e in Spagna» che si muove veloce nella interdisciplinarità e non usa più il proprio nome per caratterizzare lo studio, ma sigle e acronimi. «Si passerà finalmente dall'ego delle archistar all'eco». Il compito del nuovo architetto sarà proprio quello di dare la massima trasparenza a sistemi complessi riducendoli a una sintesi accessibile ai più.

È bene andarli a vedere lavorare gli architetti trentenni emigrati in Spagna. La generazione Internet o generazione Erasmus ha portato un altro fattore di innovazione nell'architettura italiana: l'orizzonte europeo come naturale dimensione del lavoro. Dei dieci studi di trentenni di altissima qualità selezionati dai critici di New Italianblood, sette hanno sede fuori dell'Italia. Francia, molta Spagna, Germania, molta Olanda, Londra. Mai successo prima in percentuali così elevate.

Floriana Marotta, 33 anni, e Massimo Basile, 34, palermitani, soci dello studio Mab Arquitectura, aperto a Barcellona nel 2004, collaborano da tempo con Oriol Bohigas, artefice dello sviluppo urbanistico della capitale catalana negli anni 90. «In Spagna la pratica è dura, questo allenamento dà molta sveltezza al lavoro. In Italia non c'è niente del genere per un giovane laureato». È a Milano, però, che Mab ha avuto la definitiva consacrazione vincendo il concorso Abitare Milano, indetto dal comune. «Un concorso esemplare - dicono i Mab - che dovrebbe diventare la normalità anche in Italia: aperto, sfociato in incarico e realizzato in tre anni». È il primo di otto lotti di housing sociale che dimostra come un buon concorso faccia davvero qualità, anche dal lato della pubblica amministrazione.

«In questo progetto - dice Basile - l'innovazione è stata nell'avere integrato le residenze in un parco di 30mila metri quadrati, avendo posto al centro del progetto lo spazio pubblico come elemento di riqualificazione di una periferia». L'housing sociale è una nuova frontiera dell'architettura, ma è il tema urbano della riqualificazione che resta centrale. «Il piano casa è una bellissima opportunità per sviluppare finalmente anche in Italia il tema della riqualificazione di zone degradate o del riuso di molti alloggi inutilizzati. Consente di dare un indotto sociale ed economico a quelle zone».

Anche lo studio di Teresa Sapey ha sede in Spagna, a Madrid: nata a Cuneo 47 anni fa, è stata soprannominata da Jean Nouvel "madame le parking". Ha cominciato con il miracolo dell'hotel Puerta America, 17 piani disegnati ciascuno da un grande architetto. Nessuno, però, aveva voluto disegnare il garage e Teresa si candidò a progettarlo, strillando e insistendo così tanto che alla fine le fu concesso. Un garage completamente dipinto di rosso e giallo, affittato per feste private. «Quel garage ha avuto un successo pazzesco». Per il sindaco di Madrid ha invece realizzato il garage più trafficato della città, «una slot machine 24 ore al giorno 365 giorni all'anno con tassi di riempimento dell'85%». Lo ha chiamato Paolo e Francesca, realizzandolo con materiali che non hanno bisogno di manutenzione. «Lavoro per il cittadino anonimo, per il lavoratore, e cerco di rendere il grigio parcheggio un posto meno banale». Miracoli del marketing. «Se l'architetto non fa marketing, non mette il cliente in condizione di apprezzarlo e anzi lo mette a disagio». Nel garage ecologico di Valencia ha creato percorsi urbani «per indurre gli automobilisti a lasciare le macchine». In quello di Victoria, nel sud del paese, a servizio di un supermercato, ha riempito le pareti di grandi scritte come "lattuga" o "olive". «Ricordiamo alla gente come si fa la spesa», dice Sapey. Un marketing delle piccole cose per la gente comune: «L'archistar stile attore di Hollywood è morto, torna il low profile. L'Italia ha resistito al fenomeno dell'architettura globalizzata, sarebbe assurdo che cedesse proprio ora che è finita».

26 novembre 2009
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