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Scudo fiscale 2009: notizie e aggiornamenti

 
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Alle banche 850 milioni dallo scudo

di Lucilla Incorvati e Marco lo Conte

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27 ottobre 2009

Non solo 5 per cento. Oltre alla percentuale da destinare al fisco, chi intende regolarizzare o rimpatriare i capitali che si trovano all'estero deve prepararsi a sostenere una spesa. A quanto ammonta? Secondo stime di Boston Consulting Group, mediamente i clienti pagheranno per la gestione dei loro capitali presso un private banker tra lo 0,65 e lo 0,75%, a seconda della complessità dei prodotti finanziari utilizzati: chi «scuda» utilizzando un conto corrente sosterrà spese inferiori rispetto a chi indirizza i propri capitali verso una gestione patrimoniale o una polizza. Concorda con queste indicazioni (sale all'1% per chi utilizza la fiduciaria) PricewaterhoseCooper che stima in 86 miliardi i patrimoni regolarizzati in questo Scudo-ter e in circa 850 milioni di euro l'incasso per banche e fiduciarie con una profittabilità di 200 milioni circa.

Caccia al costo
Ma nel dettaglio a quanto ammonteranno e quali saranno le voci di spesa? Partiamo da un punto: la dichiarazione per «scudare» il denaro è gratuita e molto spesso sono gratuiti anche i costi amministrativi applicati. Diverso è il caso di chi voglia mantenere la totale segretazione anche nell'operazione di rimpatrio: in questo, come nel caso del cosiddetto rimpatrio giuridico, ci sono i costi della fiduciaria. Certamente le banche non lavorano gratis: è facile pensare che se c'è da un lato un servizio/prodotto gratuito, dall'altro l'istituto trova la via per guadagnare sotto altra forma. Nel luglio scorso era emersa qualche prima indicazione (si vada «Plus24» del 25 luglio): tre mesi fa gli istituti di credito indicavano il costo amministrativo per «scudare» i capitali di ritorno tra lo 0,5 e il 3 per mille. Costi amministrativi minimi, cui sommare quelli di gestione, o viceversa: perché la scontistica e la flessibilità – nella gestione dei patrimoni dei più ricchi – è regola prìncipe.

Tariffa mobile
Le voci di spesa sono state rivedute e corrette a operazione in corso: dall'inchiesta condotta negli ultimi giorni da «Il Sole-24 Ore» sui costi applicati da intermediari e fiduciarie, emerge soprattutto una grande ritrosia a rispondere a quelle stesse domande che un potenziale cliente ha diritto di rivolgere. Banca Intesa, Montepaschi di Siena, Ubi Banca, Popolare Milano, Bnl, Cariparma ma anche istituti minori come Banca Leonardo e Banca Ifigest non hanno dettagliato i loro costi. Il ritornello è sempre stato lo stesso: «Applichiamo costi personalizzati sullo scudo», oppure «gli unici costi sono quelli dei prodotti in cui il denaro viene investito». Sono davvero operazioni a costo zero per il cliente? C'è chi attira l'attenzione con prodotti pensati per il rientro dei capitali; altri che si impegnano a sostenere il 5% da destinare al fisco e altri ancora che si impegnano a fornire un rendimento superiore a quello dei titoli di Stato: a patto di vincolare il denaro per alcuni anni (con tanti saluti agli investimenti nelle imprese). O c'è chi vende titoli con lo sconto: l'ultimo caso è quello dell'obbligazione quinquennale di Royal Bank of Scotland, al debutto oggi sul Mot di Borsa Italiana.

C'è anche se non si vede
L'obbligazione Rbs ha un prezzo di emissione pari al 95% del prezzo, che consente di recuperare il 5% da destinare al fisco e offre una cedola del 5,72% lorda dopo i primi tre mesi. Quelle successive dal secondo al quarto anno sono indicizzate all'inflazione. Un'opzione vantaggiosa per il sottoscrittore, ma solo se i prezzi torneranno a galoppare nei prossimi anni. È naturale che non esista una standardizzazione delle tariffe, comune a tutti gli intermediari e alle fiduciarie operative. Ma in questo caso l'offerta è talmente diversificata da diventare polverizzabile e non confrontabile. La parola d'ordine in questo campo è «personalizzazione». «Molto dipende – spiega Luca Caramaschi, capo della divisione Wealth Management di Deutsche Bank – dalla complessità del caso, da come sono allocati i risparmi e dai servizi richiest. In genere – conclude – all'aumentare del patrimonio, a parità di gestione, i costi diminuiscono e a parità di patrimonio i costi aumentano con la complessità e il rischio».

27 ottobre 2009
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