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Gli intermediari italiani assaporano la rivincita

di Luca Davi

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27 ottobre 2009

È un po' la loro (attesa) rivincita. Perché se è vero che i private banker italiani fino a oggi si sono visti sfilare - loro malgrado - la gestione dei patrimoni di molti clienti italiani da parte dei colleghi stranieri, svizzeri in particolare, ora gli equilibri si stanno invertendo. Costi contenuti e gestioni meno spericolate rispetto all'estero spingono molti clienti italiani a tornare con entusiasmo in Italia, «quasi pentendosi di non averlo fatto prima», ammette un banchiere.
E non è solo una questione di vantaggi fiscali legati alla regolarizzazione dei capitali. Se oggi «imprenditori e famiglie si rivolgono con fiducia a banchieri e consulenti del nostro paese» – spiega Simone Rondelli, amministratore delegato di FourPartners, società di consulenza finanziaria indipendente specializzata in patrimoni familiari o imprenditoriali complessi – «è perché confidano in una amministrazione più attenta delle ricchezze». E pazienza se i ritorni ne risentiranno. Troppo bruciante è il rimorso di aver lasciato soldi in paesi «su cui però non è stato possibile esercitare un controllo al cento per cento», aggiunge Rondelli. Una distanza che spesso è costata cara. «Il fatto di non essere fisicamente vicini al patrimonio impedisce di monitorare la gestione, e quindi il rendimento, in maniera costante», conclude l'ad di FourPartners. «Un mix di fattori che, inquadrati in un generale calo delle performance, ha portato in taluni casi a gravi perdite».
«Il fatto è semplice: ai professionisti italiani viene riconosciuta oggi maggiore oculatezza negli investimenti, una virtù che viene apprezzata da chi ha subìto dure perdite in passato», dice un consulente milanese. «Il sentiment è cambiato», gli fa eco Franco Aletti, consigliere delegato di Gbl Fiduciaria del Gruppo Leonardo: «È sempre più difficile tenere il patrimonio all'estero in un momento in cui si sono registrate situazioni negative».
Se a ciò si aggiunge l'impatto emotivo che la lotta dei governi mondiali ai paradisi fiscali ha generato, si capisce perché lo scudo fiscale diventi la migliore occasione per rivalutare il merito dei professionisti italiani. Tanto che oggi chi si rivolge ai family office o ai private banker tradizionali chiede soprattutto una cosa: evitare scottature, altro che rendimenti a doppia cifra. «Per farlo proponiamo di cambiare anche l'approccio all'investimento, pensando non più solo alla suddivisione del portafoglio, che pure rimane elemento decisivo, ma anche introducendo l'idea di risk management del patrimonio, un elemento indispensabile dopo il tracollo dei mercati cui abbiamo assistito», aggiunge Rondelli.
Gli operatori italiani, insomma, fiutano l'importanza del momento. Un'occasione non da poco per un comparto che dopo un paio d'anni critici potrebbe avere in mano il biglietto per il rilancio definitivo. Alla faccia dei colleghi stranieri.

27 ottobre 2009
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