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22 marzo 2010

Nove anni di giurisrudenza sull'efficacia dei modelli organizzativi interni. Una sorta di paracadute che protegge le imprese dalle pesanti sanzioni previste dal Dlgs 231/01 in caso di reati commessi dai propri dipendenti

LA REGOLA GENERALE
L'adozione del modello organizzativo, in linea generale, è condizione necessaria, ma non sufficiente, per non incorrere nella responsabilità amministrativa regolata dal Dlgs 231/01

LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA
Spesso i giudici hanno attribuito alla società una specie di responsabilità oggettiva all'insegna dell'assunto in base al quale se i manager hanno commesso un reato, allora ciò prova di per se stesso l'inefficacia del modello

L'ECCEZIONE
Perlomeno in un caso, tuttavia, i giudici di merito hanno escluso la responsabilità della società. Secondo il Gip del tribunale di Milano, infatti, l'adozione tempestiva dei modelli e il loro adeguamento alle linee guida diramate dalla Confindustria escludono la responsabilità «penale» della società (sentenza 17 novembre 2009)

STRUMENTI AD HOC PER LA SICUREZZA LAVORO
Nel caso di un modello già esistente e aggiornato ai reati a tutela della sicurezza dei lavoratori, costituisce una grave lacuna la mancata previsione di una specifica disciplina che indichi i rischi dell'attività anche per i lavoratori di altre imprese che entrano in contatto con la società (tribunale di Trani, sentenza 11 gennaio 2010)

SANZIONE CERTA
Di sicuro non c'è via di scampo nel caso la società non abbia adottato modelli organizzativi. Almeno quando il reato è commesso da uno dei vertici dell'azienda. L'unica possibilità, infatti, è provare che il reato sia stato commesso da un dipendende nel proprio interesse o di terzi. Ma nel caso del rappresentante legale si integra una pressoché totale immedesimazione organica tra ente e dirigente (Cassazione, sentenza 36083/09)

BASTA IL TENTATIVO
I modelli organizzativi devono tenere anche conto del fatto che l'impresa può essere ritenuta responsabile del tentativo di reato. La Cassazione (sentenza 7718/09) ha specificato che, sebbene le norme colleghino la responsabilità dell'ente a ipotesi di reato consumato, è sempre possibile l'applicazione di misure cautelari in misura ridotta nel caso di tentativo

NIENTE REVOCA
È illegittimo il provvedimento di revoca delle misure cautelari interdittive adottato con riferimento all'attuazione di condotte riparatorie, qualora le medesime non abbiano contestualmente avuto a oggetto: 1) il risarcimento integrale del danno e l'eliminazione delle conseguenze dannose del reato; 2) il superamento delle carenze organizzative mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire la commissione di altri reati della stessa specie (Cassazione, sentenza 40749/09). Tuttavia, nel revocare la misura cautelare interdittiva il giudice non può imporre all'ente l'adozione coattiva di modelli organizzativi (Cassazione, sentenza 32627/06)

22 marzo 2010
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