I popoli padani possono cominciare a festeggiare. Alle undici del mattino, quando il ministro per le Riforme Umberto Bossi lascia palazzo Chigi in auto, insieme con il figlio Renzo, il segno di saluto lanciato ai cronisti è stato un inequivocabile pugno chiuso. Prova certissima che la tre giorni che si aprirà oggi alle sorgenti del fiume Po sul Monviso, per arrivare fino al rito dell'ampolla in laguna a Venezia, domenica, sarà una carrellata di grandi celebrazioni.
Il varo «in via preliminare» della delega sul federalismo fiscale, per la Lega, non ha significati diversi dalla vittoria storica, inseguita da oltre quindici anni. Solo chi ha lavorato per tutta l'estate al Ddl, come Roberto Calderoli, resta cauto: «Abbiamo predisposto un testo equilibrato per un federalismo solidale che farà stare meglio tutti senza svantaggiare qualcuno». Il ministro per la Semplificazione lo va dicendo da mesi: se la riforma non viene approvata almeno dal 70-80% dei parlamentari non si fa. Ma prima di arrivare alle Camere la battaglia da affrontare è ancora lunga. Ieri, subito dopo il Consiglio dei ministri, Calderoli e il collega Raffaele Fitto (Rapporti con le Regioni, Pdl) hanno incontrato alcuni Governatori. Tante le garanzie che si son sentiti chiedere dal presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: il testo della delega dovrà ancora passare un doppio esame della Conferenza unificata, il 18 e il 25 settembre, prima del varo definitivo previsto con la Finanziaria. E Regioni e autonomie dovranno poter portare il loro contributo sia durante il confronto parlamentare sia al momento del varo dei decreti legislativi. Se l'Unione delle province sospende il giudizio di merito in attesa di studiare meglio il testo, è netta la bocciatura "a caldo" del presidente dell'Anci, Leonardo Domenici: «Si lasciano i Comuni con incertezze ancora maggiori di quelle che potevano avere fino a ieri» e viene meno l'idea «di un tributo capace di dare autonomia e responsabilità ai Comuni, così come detto esplicitamente nel testo che ci era stato consegnato lo scorso 4 settembre». Una posizione condivisa dal sindaco di Torino, e ministro ombra delle Riforme del Pd Sergio Chiamparino: «Siamo di fronte ad un'operazione con un forte carattere politico-propagandistico, un testo da dare alla Lega perché lo utilizzi per il rito dell'ampolla».
Nessun ostacolo, almeno per ora, si registra invece dentro la maggioranza. Che, dopo l'accordo raggiunto alla vigilia del Consiglio dei ministri di ieri, appare ricompattata. Andrea Ronchi, ministro di An incaricato di seguire le trattative per la stesura della bozza parla di un Ddl che: «non contiene strappi né tentazioni separatiste e non accentuerà il divario economico tra Nord e Sud». Mentre per il presidente dei sanatori pdl Maurizio Gasparri la riforma è «frutto della coesione e della compattezza del centro-destra». Una linea condivisa anche da Italo Bocchino, presidente dei deputati pdl: «Si sono chiariti i dubbi che avevamo e i tempi che serviranno per portare a regime questo rivoluzionario provvedimento».
Il Pd non dice no a prescindere al dialogo sul federalismo ma, spiega Francesco Rutelli, «ci devono dire quanto costa e chi lo paga? Chi ci guadagna e chi ci rimette?». Domande che tornano nel giudizio del presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione che si dice pronto al confronto ma aggiunge: «Ci opporremo a qualsiasi cosa rompesse i vincoli di solidarietà tra gli italiani e schiavizzasse le Regioni meridionali».