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Comuni, la spesa «stana» le inefficienze

di Gianni Trovati

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Lunedí 06 Ottobre 2008

Va bene, ma adesso passiamo ai numeri. Il primo a dirlo è stato Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni. Il ministro dell'Economia Tremonti lo ha ribadito venerdì presentando la riforma. Ma il concetto appartiene ai tanti che, da protagonisti, controparti o semplici osservatori, hanno assistito al cammino della delega sul federalismo fiscale fino all'approvazione definitiva di venerdì scorso. Tra scontri, compromessi e limature, i principi sono fissati: ora si tratta però di riempirli di contenuti. I numeri, appunto, che rappresentano la sfida più difficile per il federalismo fiscale.

Anche per i Comuni il numero-principe è rappresentato dai costi standard, che nel testo approvato venerdì svolgono in municipio lo stesso ruolo previsto nei futuri bilanci regionali. Anche per i sindaci, il cardine del sistema è il «prezzo giusto» delle funzioni fondamentali, che segna il limite del finanziamento garantito dal sistema, con l'apporto della compartecipazione Irpef e del fondo perequativo. Chi sfora dovrà trovare i soldi per farlo, spingendo l'acceleratore sui tributi locali.
Se in Regione il sistema dei costi standard è ancora tutto da costruire, nel complicato panorama comunale l'impresa appare ancor più impegnativa. Mancano, prima di tutto, le «funzioni fondamentali», che la nuova Carta delle Autonomie in cantiere da tre legislature deve indicare nei prossimi mesi. Ma, soprattutto, anni di Patti di stabilità limitati nell'efficacia e nell'applicazione, esternalizzazioni spinte di servizi e sacche di inefficienza ripianate a pie' di lista (l'ultimo episodio, quello di Catania, spunta proprio nella settimana del federalismo, come ha lamentato nei giorni scorsi l'associazione dei Comuni lombardi) hanno sparigliato le carte: riportarle sul tavolo di una gestione ordinata e confrontabile non sarà semplice.

E, se il sistema funziona, richiederà cure drastiche a molti, perché le differenze fra Comuni sono abissali. Il personale offre uno dei dati più significativi, e i numeri parlano da soli: il «costo unitario» mette in rapporto la spesa sostenuta per il personale con il numero di dipendenti a tempo indeterminato. Dov'è più alto, visto che le buste paga sono fissate dai contratti nazionali, segnala una presenza maggiore di collaborazioni, consulenze, indennità, dirigenze e così via. Bene: a Ragusa e Trapani l'indice vola verso quota 55mila euro, più del doppio rispetto ai 20mila euro di Lodi, ma enormemente più in alto anche dei 33mila euro di Bergamo o Isernia. L'indicatore è importante anche perché sfugge alle semplificazioni legate solo alle dimensioni dell'organico comunale.

Il numero più alto di dipendenti in rapporto agli abitanti, per esempio, si incontra a Firenze (ogni fiorentino spende 578 euro all'anno per i dipendenti comunali, circa 90 euro più che a Milano e 170 più di Roma); ma guardando alle attività si scopre che Firenze spende più di tutti anche per asili e scuole (231 euro ad abitante, due volte e mezzo la media nazionale) e che una tradizione comunale fondata sui servizi a gestione diretta, che ha molte analogie ad esempio a Bologna, aumenta il ruolo comunale nella vita della città.

La chiave di volta, in pratica, può essere indicata dal rapporto fra la spesa di personale e il totale delle uscite correnti, cioè delle attività costanti del Comune. In questo modo, si scopre che il mega-organico di Firenze copre circa il 32% delle uscite e che a Venezia, anche lei ai piani alti della graduatoria delle uscite pro capite, incide sul totale per il 26%: la metà di Enna, dove il 50% delle uscite comunali finisce in buste paga a fronte, però, di una spesa per l'istruzione pro capite di soli 47 euro e di 16 euro impiegati nella cultura. Pochini (ma Taranto e Matera alla cultura dedicano 1-2 euro), soprattutto se confrontati con i 100-150 euro di Siena, Mantova, Bergamo o Ferrara, o anche ai 93 euro di Udine e Bolzano.

E, a ulteriore conferma, Venezia si incontra nelle posizioni di testa anche sul fronte dell'assistenza sociale – uno dei pilastri dell'attività dei Comuni – cui in laguna si dedicano 329 euro per abitante. Solo Modena, fra i territori a Statuto ordinario, fa meglio, mentre Firenze è appena dietro; viceversa a Crotone la quota scritta nei bilanci comunali non supera i 19 euro a persona. La scommessa su chi ha più da perdere sull'altare del federalismo è appena partita. E non sarà indolore.

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