L'esperienza di Roberto Donadoni giunge così al capolinea. Ciò che era ampiamente noto a tutti, che aveva confermato lui stesso, è accaduto. Concluso l'Europeo austro-svizzero con l'eliminazione ai quarti di finale, il rapporto di lavoro del commisario tecnico con la Federcalcio si considera esaurito, come previsto dal contratto tra l'uomo di Cisano Bergamasco e la Figc. Oggi l'incontro tra Giancarlo Abete e lo stesso Donadoni sancisce la conclusione di due anni difficili per il ct, e però per lui esaltanti, come ha sempre dichiarato. Il commissario tecnico emerso dalle ceneri del sisma di Calciopoli, l'uomo dalla faccia seria e cocciuta, ma pulita, che prendeva il posto di un Marcello Lippi vincente, ma in fuga dagli spettri del caso Gea, tornerà ad accomodarsi su un'altra panchina, lasciando sgombra quella della Nazionale per il ritorno del suo predecessore, ora più sereno e tranquillo, riposato dopo due anni di gloria e di conferenze. Oggi abbiamo di fronte un Donadoni che, sappiamo, ha rifiutato una buonuscita la conclusione del suo contratto, un allenatore che puntava tutto sul merito e sui risultati che avrebbe voluto conseguire. Un allenatore che esce dall'esperienza europea con le ossa rotte, anzi fratturate dalla critica – sempre spietata con lui – ma a testa alta, con dignità, avendo dato tutto il possibile. Gli errori ci sono stati, il volto della nazionale immaginato dal ct non si è stampato nella mente degli italiani, e nemmeno in quello dei suoi giocatori, che non sapevano mai a quale schema affidarsi e chi sarebbe entrato in campo dall'oggi al domani.
In parte Donadoni paga l'inesperienza e il suo carattere fiero e dignitoso, soprattutto nel rapporto con la critica e con la stampa. Prima di essere chiamato dal commissario straordinario della Figc Guido Rossi a prendere in mano la Nazionale, il ct bergamasco aveva fatto solo cinque anni di panchina: nulla rispetto alla sua grande carriera di giocatore. Ma alcuni episodi sono ugualmente interessanti e mettono in luce la sua personalità: esordisce in serie C1 con il Lecco, e viene esonerato a metà stagione per essersi schierato con i giocatori, che non percepivano lo stipendio da mesi. Sarà poi richiamato dalla squadra in crisi, riuscendo a portarla alla salvezza. L'anno seguente debutta in serie B con il Livorno e, dopo un girone d'andata strepitoso, finisce al 10/o posto. Nella stagione 2003/2004 passa al Genoa del presidente Preziosi, che ha grandi progetti ma poco tempo per aspettare. Donadoni viene esonerato dopo tre partite. Dopo più di un anno di inattività, nella stagione 2004/2005 il presidente del Livorno Spinelli lo richiama ad allenare la squadra toscana, questa volta in serie A: Donadoni centra un ottimo 9/o posto e ha il merito di credere in Cristiano Lucarelli, che chiude la stagione da capocannoniere con 24 gol. Il 7 febbraio 2006, l'allenatore di Cisano Bergamasco torna a mostrare il volto che ormai conosciamo, dimettendosi dopo essere stato criticato in diretta da Spinelli, nonostante il Livorno sia sesto in classifica. Orgoglio, temperamento e dignità.
Con Lippi, lo sappiamo, sarà tutt'altra musica. Ci saranno più certezze in Nazionale. Ma Donadoni può ripartire. Ripartirà magari da una panchina di club, per avere più continuità nel lavoro. Il suo compagno al Milan, Marco Van Basten, dopo Euro 2008 allenerà l'Ajax. L'esperienza serve, e quella dell'Europeo è una grande esperienza in ogni caso. La dignità, invece, non si acquisisce. Quella o la si ha oppure non la si ha. E qui Donadoni non ha bisogno di lezioni da parte di nessuno.
