DOSSIER

 
 
 
SPECIALE EURO2008 Austria - Switzerland
La cronaca Le partite
 
HOME DEL DOSSIER
News
L'Europunto di Gigi Garanzini
Le nazionali in gara
I campioni più attesi
Gli stadi di Euro 2008
Sport e tecnologia
Europei nella storia

La certezza e la novità: Germania e Spagna pronte allo spettacolo della finale europea

dall'inviato Massimo Donaddio

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
27 giugno 2008
Impazza la corsa ai gadget in vista della finale di Euro 2008 tra Spagna e Germania (Afp)

VIENNA - "Il calcio è un gioco di 11 contro 11 e alla fine vincono i tedeschi". Sarà pure abusata la famosa sentenza di Gary Lineker, calciatore inglese degli anni Ottanta, ma una fetta di verità in quel che disse c'è sicuramente. Non è un caso se la Germania ha disputato sei finali europee e sette finali mondiali. Numeri pazzeschi, che possono essere paragonati solo a quelli del Brasile, il Paese dove il calcio è la vita e il respiro della gente. Non sempre la Germania ha avuto nazionali ricche di talenti e di giocatori determinanti, come la Selecao sudamericana; l'Italia stessa ha vinto più titoli mondiali (4 a 3, come la famosa partita di Mexico '70), ma nessun'altra squadra europea ha sviluppato un rendimento così costante nelle presenze in finale nei tornei che contano.

È la scuola tedesca: determinazione, concentrazione, fiducia, potenza fisica, esperienza, gioco di squadra. Con queste qualità la Germania avanza e solitamente raggiunge la conclusione di ogni grande torneo. Lo ha ammesso persino il ct Loew, che ha portato la "Mannschaft" in finale a Euro 2008 senza – bisogna ricornoscerlo – campioni straordinari e giocatori di livello assoluto. Michael Ballack, il capitano, non è mai riuscito a diventare un trascinatore né un uomo realmente determinante in campo. Non ha vinto molto nella sua carriera, malgrado le presenze in nazionale, nel Bayern Monaco e nel Chelsea. Più stimolanti Lucas Podolski e Miroslav Klose, i polacchi di Germania che hanno dato il loro contributo alla causa segnando i loro gol (3 e 1). Il ragazzo ribelle, Bastian Schweinsteiger, ha macinato terreno sulla sua fascia di competenza, giocando buon calcio e risultando determinante in un paio di occasioni con i suoi gol, conquistandosi l'ammirazione anche della cancelliera Angela Merkel. La promessa dell'attacco tedesco, Mario Gomez, non si è palesata minimamente in Svizzera e Austria. La nazionale teutonica, come sempre, ha mostrato le sue grandi capacità di reazione e di tenuta nella semifinale contro la Turchia. Ai ragazzi di Terim, alcuni dei quali proprio nati in Germania e impegnati in Bundesliga, era riuscito l'ennesimo miracolo in zona Cesarini, il miracoloso pareggio all'86', sfruttando le debolezze della tifesa tedesca e la non impeccabile resistenza del portiere Lehmann. Con tutte le squadre affrontate prima, il gol nel finale di gara era stato il segnale della riscossa dei miracolosi allievi dell'Imperatore. Con la Mannschaft non è bastato, però, un miracolo, ce ne volevano due. Al 90' Philipp Lahm castiga la mezzaluna, interrompendo il sogno di un popolo. Sono solo loro, i tedeschi, quelli che non mollano mai fino all'ultimo. Anzi, fino al primo minuto dopo la partita. Questa è la mentalità tedesca, che consente a delle nazionali a volte non straordinarie di approdare comunque in finale.

Solitamente, però, chi sta dall'altra parte del tabellone, ha dovuto percorrere un cammino aspro e accidentato, e con merito è giunto in fondo al torneo. È il caso della Spagna, che ha mostrato il calcio forse più bello dell'Europeo e finalmente è approdata in finale, un traguardo che mancava da quarant'anni, dai tempi della grande Spagna di Alfredo Di Stefano.
Da molto, molto tempo le Furie Rosse non concretizzavano qualcosa con il loro bel gioco. Squadra elegante ma infruttuosa, poco cinica, sostanzialmente perdente, veniva sempre detto fino ad oggi. E anche alla partenza di Euro 2008 il copione sembrava sempre lo stesso. In campo, invece, la Seleccion ha sovvertito la storia ed è volata in finale spinta dalla classe dei suoi uomini e dalla visione di gioco di Luis "nonno" Aragones, un grande tecnico che non ha guardato in faccia a nessuno, ha fatto anche scelte impopolari (mettendo in panchina il talento dell'Arsenal Cesc Fabregas, sostituendo spesso un poco incisivo Torres) e ha puntato su un centrocampo dai piedi buoni targato Barcellona (Xavi e Iniesta), e sui talenti del Valencia Silva e Villa. Facile, si potrebbe dire, con questi uomini a disposizione (più Marcos Senna, Sergio Ramos, Carles Puyol, il portierone para-rigori Iker Casillas). Eppure la Spagna ha sempre avuto giocatori di classe sopraffina, che semplicemente non riuscivano a essere sufficientemente concreti e spietati e si squagliavano alle prime difficoltà. Questa volta no: Aragones ha dato un'impronta alla squadra, ha fatto delle scelte vincenti, ha formato squadra solida e vincente, sulla base della quale effettuare cambi solo se necessario durante la partita. L'elenco dei titolari è stato sempre chiaro e sempre quello. La formazione è stata azzeccata fin da subito, anche se le riserve hanno sempre garantito una qualità pari a quella dei titolari. La nazionale iberica, eccetto il catenaccio italiano, non ha trovato vere e proprie difficoltà sul proprio cammino e questa volta può davvero vincere il torneo. Rimane solo un mito da sfatare prima di festeggiare la vittoria: il calcio è un gioco dove in 22 inseguono un pallone, e alla fine vincono i tedeschi.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-