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Euro 2008 alla Spagna. El niño mata i tedeschi

dall'inviato Massimo Donaddio

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30 GIUGNO 2008
(Jonathan Moscrop - LaPresse)
Le pagelle di Germania-Spagna
di Giuseppe Ceretti

VIENNA - La Spagna vincente, eccola qua. E per una volta non parliamo di sorpassi, di economia, di diritti civili, eccetera eccetera. Parliamo di calcio, solo di calcio. Ebbene, la Spagna torna di diritto tra le grandi del calcio europeo e mondiale dopo esserne restata fuori per troppo tempo.

L'Europeo 2008 è una conquista di un gruppo di calciatori di livello eccellente, che ha pienamente meritato questo titolo, superando (per 1-0) anche l'ultimo scoglio, che, come quasi sempre accade, si chiamava Germania. La gioia e la festa prorompente con cui oltre 10mila tifosi puntuali all'appuntamento all'Ernst Happel Stadion di Vienna hanno accolto la vittoria dà il senso di un appuntamento con il destino, che la nazionale iberica aveva fallito per troppo tempo.

Quarantaquattro anni dopo la mitica Seleccion di Alfredo Di Stefano, le Furie Rosse tornano al vertice del calcio continentale, al termine di un cammino di maturazione durato decenni. Non più solo una squadra bellissima da vedere ma poco produttiva: ora la Spagna è una miscela di tecnica sopraffina ed esperienza, ed è stata gestita in maniera ottimale dal veterano delle panchine iberiche, Luis Aragones, il nonno di questo Europeo, dall'alto dei suoi 70 anni.

Un Europeo che la Spagna si è letteralmente conquistato, con il suo gioco e con la forza del suo pubblico, che ha animato i giorni e le notti austro-svizzere con calore ed entusiasmo.
La Germania non è stata un avversario all'altezza di una finale: pur con evidenti problemi di tenuta fisica (a cominciare dal capitano Ballack) è stata in partita solo all'inizio della gara (gli spagnoli hanno cominciato con il freno a mano tirato per la paura) e per una breve frazione del secondo tempo, quando ha avuto uno scatto di orgoglio sospinta dai numerosissimi tifosi giunti allo stadio (si parla di circa 40mila supporter). Non si è, però, quasi mai resa pericolosa e non ha mostrato uno straccio di idea in attacco.

È stata particamente solo Spagna, un match dominato e senza storia, malgrado le Furie Rosse non abbiano concretizzato le moltissime occasioni da gol create, soprattutto per merito di due campioni come Xavi Hernandez e Andreas Iniesta, o anche di Cesc Fabregas (sostituito nella rirpesa), che ha innescato lo scatto bruciante di Fernando Torres, autore del gol iberico (un prelibato tocco sotto a scavalcare Lehmann). Con le sue azioni avvolgenti, il suo controllo di palla e il possesso del centrocampo, la nazionale di Aragones ha trovato ancora una volta la chiave della partita. Questa volta l'orgoglio e il carattere dei tedeschi non hanno potuto nulla per coprire un divario tecnico esagerato, se non imbarazzante tra le due squadre.

L'esperienza e la lucidità di Aragones, tecnico poco avvezzo al flirt con i media, ma saggio e lungimirante, è emersa ancora una volta quando ha giocao la carta delle sostituzioni per aumentare la copertura nel secondo tempo. Laddove la Spagna, per sua natura, avrebbe rischiato di sprecare il vantaggio ricercando forsennatamente il secondo gol, il tecnico spagnolo ha inserito giocatori come Xabi Alonso, in grado di garantire una copertira maggiore a centrocampo. Altro tassello fondamentale per l'assetto maturo della squadra, le esperienze accumulate all'estero da parte di giocatori che militano in campionati stranieri, che hanno reso la nazionale iberica più quadrata dal punto di vista tattico e in grado di badare maggiormente alla fase di contenimento senza snaturare il proprio gioco.

Insomma, è il trionfo di una generazione di campioni, allevati al grande calcio fin da ragazzi – sono la nazionale con la media di età più bassa, poco più di 26 anni – e di un Paese che si è già imposto a livello mondiale con il basket e a livello europeo con la pallavolo. La vittoria finale è poi arrivata con la conquista di una continuià di gioco che è mancata ad altre nazionali che avevano impressionato all'inizio del torneo, ma poi si erano squagliate, come l'Olanda di Van Basten. Con una maggiore fiducia nei proprio mezzi, un gruppetto di campioni, e un po' di accortezza in più del solito, il trionfo è stato completo.

Al di là di tutto, pur non essendoci stato confronto con la nazionale di Aragones, la squadra che ha messo più in difficoltà la Spagna è stata la nazionale azzurra guidata da Roberto Donadoni. Abbiamo avuto la conferma, quanto meno, che la difesa dell'Italia continua ad essere una certezza, dato che chi si è avvicinato alle Furie Rosse è stato fulminato senza troppi problemi.

Finalmente anche Fernando Torres è tornato al gol, dopo essersi fatto attendere a lungo. L'attaccante del Liverpool esce da Euro 2008 con due sole realizzazioni e molte sosstituzioni, ma il gol-vittoria nella finale scaccia ogni tipo di nube e incomprensione con il tecnico, che ha già annunciato di voler lasciare la panchina della nazionale. Davanti a re Juan Carlos e al premier-portafortuna Zapatero, la Spagna è sul tetto d'Europa: "Campeones, campeones" è il coro che cantano i tifosi all'Ernst Happell di Vienna. "Invertire il corso della storia", chiedeva tutta il Paese: la nazionale di Aragones le ha regalato davvero una vittoria storica.

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