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Germania-Turchia, la squadra dei miracoli e il vero derby d'Europa

dall'inviato Massimo Donaddio

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25 giugno 2008
Fatih Terim (Ap)

Lo hanno già ribattezzato il derby d'Europa, ma forse sarebbe più corretto chiamarlo il derby tedesco. Germania-Turchia è un incontro in un certo senso anomalo perché potrebbe tranquillamente essere giocato a pochi chilometri da Basilea, nella vicinissima Baviera, oppure a Berlino, o ad Amburgo, comunque all'interno del perimetro del Paese attualmente governato dalla signora Angela Merkel, tra l'altro grande appassionata di calcio e gradita ospite negli stadi di Euro 2008. La ragione è presto detta: la comunità turca è la più numerosa comunità straniera in Germania, addirittura molti figli di immigrati turchi sono tedeschi a tutti gli effetti, nati nella terra di Bach e di Goethe, e quindi pienamente cittadini europei. Alcuni giocano in squadre della Bundesliga, come il centrocampista Altintop, nato a Gelsenkirchen 26 anni fa e compagno di squadra al Bayern Monaco del nazionale tedesco Bastian Schweinsteiger (e degli "stranieri" Luca Toni, Lucas Podolski, Miroslaw Klose, Franck Ribery). Due milioni di turchi guarderanno la partita in tv in Germania, certamente con rispetto nei confronti del Paese che li ospita, ma tifando Turchia con tutto il loro cuore.
Con i maxischermi piazzati nelle varie città i turchi potrebbero anche venire allo scoperto e sostenere apertamente i propri beniamini. Qualche problemino di ordine pubblico non è da escludere, se tutti gli attori protagonisti si sono messi d'impegno per rasserenare al massimo il clima, dai giornali di Germania – che hanno sfoderato titoli latte e miele – al capitano e all'allenatore della nazionale tedesca (Ballack e Loew), che non finiscono di lodare il calcio turco e le imprese della nazionale di Terim, fino allo stesso Altintop, che, pur avendo scelto di giocare per la Turchia precisa: "Ho avuto tutto dalla Germania". Insomma, una festa più che una partita di calcio. Questo, naturalmente, perché il tallone è lievemente scoperto e non è proprio detto che questa sarà una partita a tressette. Anzi, qualora vincesse la Turchia c'è da osservare come verrebbe vissuta in Germania una sconfitta contro una popolazione che in parte è ancora considerata ospite tollerata. A questo proposito, però, è curioso un altro fatto: che l'integrazione calcistica dei turchi non sia riuscita da parte tedesca (così come è stato per i polacchi Klose e Podolski), mentre dei cittadini nati in Germania abbiano optato per giocare nella selezione turca.
C'è stato, è vero, il caso di Mehmet Scholl, di padre turco e madre tedesca (il cognome lo ha avuto dal secondo marito della madre), che ha giocato nella selezione tedesca con una certa continuità, ma lui si considerava integralmente tedesco e non conosceva nemmeno la lingua parlata a Istanbul ad Ankara. La federazione turca e i più importanti club, invce, si sono attrezzati nell'impiantare delle vere e proprie basi in Germania, con tanto di scuole calcio e osservatori, per reclutare talenti da acquistare, far giocare nel campionato turco e soprattutto con la selezione nazionale turca. "I turchi hanno sviluppato una mentalità tedesca", ha detto Michael Ballack, tra l'ammirato e il preoccupato: non si arrendono mai e lottano come leoni fino all'ultimo secondo utile, persino con le stampelle. Qualcosa hanno imparato dal loro Paese adottivo, portando queste ricchezze nello spirito e nel gioco della nazionale. E pazienza se il governatore della Carinzia Haider ritiene che un Europeo con in semifinale Turchia e Russia non possa considerarsi veramente tale (Mosca e Ankara non sono capitali europee, dice Haider). I turchi di Germania replicherebbero con facilità: noi siamo doppiamente europei, con un piede in Turchia e uno in Germania. Il cuore però dove batte? Il cuore, invero, batte ad Oriente, verso lidi mitici e ricchi di storia. Siami turchi, veniamo da lontano, dicono Terim e i suoi. Veniamo da lontano e andiamo lontano, sperano con tutte le residue forze…

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