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La dura legge del risultato? Si applica solo a Donadoni

di Salvatore Carrubba

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29 Giugno 2008

Confesso di non capire nulla di calcio, ma mi pare che il campionato europeo che si conclude oggi a Vienna abbia fotografato come raramente in passato la realtà del nostro continente. Così, in finale si fronteggiano la rocciosa Germania, la solida locomotiva dell'Europa, la più capace a farle intravedere una via d'uscita dalla stasi; e la pirotecnica Spagna, espressione di una nuova energia, ammaccata magari dalla congiuntura ma fiera di aver agguantato in pochi anni il drappello di testa.
Dietro di loro, una Russia di nuovo ambiziosa e consapevole del proprio ruolo; una Turchia ansiosa di scrollarsi complessi di inferiorità; e anche una Croazia che afferma l'identità e la vivacità di un'area considerata anch'essa, fino a pochi anni fa, ai margini dell'Europa che conta. Per non parlare delle due attempate cugine del Continente, Italia e Francia, più velleitarie che concludenti; e della Gran Bretagna, eccentrica rispetto alla realtà continentale, e quindi fuori.
Mancava solo che l'Irlanda avesse deciso di non partecipare agli europei dopo regolare referendum e la fotografia dell'Europa di oggi sarebbe stata perfetta.
Anche le vicende della nostra nazionale e la sostituzione del commissario tecnico confermano che il calcio può aiutare a capire la realtà. In Italia puoi fare di tutto: puoi rubare i bagagli che devi smistare, puoi ritirare lo stipendio senza lavorare, puoi tenere in galera gli innocenti, puoi perfino perdere, o far perdere, le elezioni. Nessuno ti dirà nulla. Nessuno ti sanzionerà. Nel mondo del calcio, invece, ogni errore si paga. Subito e senza sconti. E non c'è Tar o congresso che tenga. Il licenziamento di Donadoni potrebbe dunque essere considerato come la dimostrazione che, almeno nel calcio, ossia in un mondo decisivo nel plasmare l'identità collettiva, la cultura del risultato conta.
Peccato però che la sanzione abbia colpito uno dei pochi quarantenni che avesse raggiunto una posizione di leadership, proprio in un periodo in cui non si fa che invocare (retoricamente) un ringiovanimento della classe dirigente. Archiviata la novità, il calcio si riaffida all'esperienza. Fotografando, di nuovo, le difficoltà della società italiana a conciliare le due dimensioni e a rispettarle entrambe, a patto, naturalmente, che la novità valga e che l'esperienza non prevarichi. Ma qui mi taccio, perché i quarant'anni li ho superati da un pezzo.

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