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Economia e sport, la Russia è tornata grande

dall'inviato Massimo Donaddio

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Guus Hiddink, allenatore olandese della Russia (Ansa)

VIENNA - Che la Russia sia la squadra rivelazione di questo bel campionato Europeo è ormai sotto gli occhi di tutti. La semifinale conquistata a spese dell'Olanda di Van Basten fa entrare i giovani talenti allenati dall'olandese Guus Hiddink di diritto nell'elite del calcio e riapre la questione del posto che la Russia occupa nel football e nello sport continentale in genere. Un posto sempre più importante, ma non occupato per caso. Il segreto, naturalmente, è nell'economia, o meglio nel ritorno di fiamma della Russia nel club dei Paesi che contano, dal punto di vista politico e finanziario. Sì, perché senza quattrini non si va avanti, nemmeno nello sport, e, anche se non sempre i talenti nascono dove le situazioni economiche sono più floride, possiamo star certi che, nel giro di poco tempo, quegli stessi talenti risaliranno il fiume del denaro fino alla fonte, che sia una società, un presidente, una federazione dalle ampie disponibilità.
La Russia è un caso emblematico, ma non sempre tenuto in adeguata considerazione, dato che l'attenzione al business del calcio si rivolge principalmente – e giustamente - agli acquisti multimilionari di patron dalle mille risorse come Massimo Moratti, a società dall'assetto economico consolidatissimo come Barcellona e Real Madrid (che avrebbe offerto 95 milioni per 5 anni a Cristiano Ronaldo), oppure alle big del football d'Oltremanica (alcune delle quali controllate da azionisti Usa), che non a caso hanno quasi monopolizzato le semifinali di Champions League.

In principio fu Roman Abramovich
L'uomo più rappresentativo del nuovo corso dello sport russo è il magnate Roman Abramovich, ormai notissimo in tutto il globo per un patrimonio valutato oltre 18 miliardi di dollari, che ne fa, come testimonianto dall'autorevole rivista Forbes, uno degli uomini più ricchi del mondo. Con la sola differenza, rispetto ad altri grandi miliardari, di avere almeno una decina di anni in meno, essendo appena 41enne. Abramovich ha gonfiato a suon di milioni il business del calcio europeo, in particolare le quotazioni dei calciatori, essendo piombato sul mercato con il desiderio di costruire una squadra formata, molto semplicemente, dai migliori campioni in circolazione per le piazze d'Europa. La sua creatura è il Chelsea, che in pochi anni trasforma in macchina da guerra acquistando a cifre folli giocatori da ogni dove. L'acquisto del club, fortemente indebitato, risale al 2003, al prezzo di 60 milioni di sterline. Abramovich paga subito tutti i debiti (80 milioni di sterline) e dà avvio a una campagna di acquisti faraonica, da 100 milioni di sterline, chiamando - dopo aver confermato per un anno il tecnico italiano Claudio Ranieri (oggi alla Juve)- Josè Mourinho, allora fresco vincitore della Champions League con il Porto. Con l'allenatore portoghese il Chelsea si impone due volte consecutive nel campionato inglese, mentre al suo successore Grant si deve il raggiungimento della finale di Champions, persa contro il Manchester ai rigori a Mosca circa un mese fa. Abramovich è in tribuna e guarda i calci di rigore passando dall'entusiasmo alla delusione, quasi come un imperatore romano davanti ai giochi dei gladiatori.
Mosca è comunque la sua patria, anche se si è fatto conoscere al mondo ripartendo da Londra e dallo Stamford Bridge, lo stadio dei Blues. Roman deve la sua immensa ricchezza alle materie prime e al processo di privatizzazione varato in Russia soprattutto nell'era di Boris Eltsin. Partito come piccolo imprenditore, si è specializzato nell'import/export del petrolio russo. Nel 1995 riesce ad acquisire, con Boris Berezkovsky, il controllo del colosso petrolifero Sibneft, fa il suo ingresso nel capitale della compagnia di bandiera russa Aeroflot e fonda il colosso dell'alluminio Rusal. Nel 2002 vende il suo pacchetto in Sibneft a Gazprom e la sua quota in Rusal a Oleg Deripaska, reinvestendo tutto nel gruppo Evraz. Una delle abilità di Abramovich è stata quella di sapersi riadattare alle mutate condizioni politiche russe dell'era Putin senza farsene schiacciare, come è invece accaduto al "collega", proprietario della petrolifera Yukos, Michail Khodorkovsky, o allo stesso Berezkovsky, in esilio a Londra in quanto oppositore politico.
Abramovich è riuscito invece a restare in sella, mantenendo fortissimi rapporti politici ed economici con la madrepatria, accettando di diventare, nel 2000, governatore della sperduta provincia siberiana della Chukota, dove ha aiutato economicamente la popolazione, ricevendone la stima e la fiducia. Oltre a mantenere le sue attività economiche in Russia, Abramovich è in un certo senso l'uomo ombra della Federazione calcistica russa, munifico sponsor della Nazionale, cui ha promesso 7 milioni, di cui 500mila all'allenatore Hiddink in caso di vittoria.

Lo Zenit dei miracoli
L'altra faccia della medaglia del calcio russo è la storia di una generazione di calciatori che si stanno rivelando non solo promesse, ma già solide certezze. La storia di Arshavin, Pogrebnyak, ma anche di Pavlyuchenko dello Spartak Mosca, mostra l'evoluzione del calcio russo, che sta recuperando alcuni ritardi accumulati dopo il crollo dell'imponente apparato sportivo sovietico. Dopo aver importato grandi allenatori stranieri in altre dicipline sportive - uno per tutti, Ettore Messina, guida del Cska Mosca campione d'Europa nel basket - il calcio russo, con la mediazione di Roman Abramovich, si è affidato agli olandesi Guus Hiddink e Dick Advocaat, tecnico dello Zenit San Pietroburgo, vincitore nel 2007 del campionato russo e nel 2008 della Coppa Uefa. La realtà dello Zenit mostra uno dei segreti della rinascita dello sport russo: talento applicato a metodo e a un contesto economico favorevole. Il talento è quello di calciatori di classe come la rivelazione di questo Europeo Andrej Arshavin. Stella dello Zenit, è esploso grazie alla guida di due tecnici occidentali ed esperti come Advocaat e Hiddink, e sarebbe ormai pronto per un grande club europeo. Anche il contesto economico di una squadra come lo Zenit è, però, fondamentale. La proprietà della società è del colosso del gas russo Gazprom, un interlocutore forte e in grado di controllare il club in maniera autorevole e di farlo gareggiare alla pari con altri titolati club europei. Non è un caso, allora, che lo Zenit abbia battuto in coppa Uefa avversarie del calibro di Villareal, Marsiglia, Bayer Laverkusen, Bayern Monaco e Glasgow Rangers. Ora i giocatori russi sono crsciuti anche in personalità, sanno cosa vogliono e sono consapevoli di poter arrivare lontano, coniugando creatività e professionalità.
  CONTINUA ...»

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